Breve fortuna di Alcibiade (Versione latino Nepote)

Breve fortuna di Alcibiade
Autore: Cornelio Nepote - Latino di base vol. 2 pag. 82

Haec Alcibiadi laetitia non nimis fuit diuturna. Nam cum ei omnes essent honores decreti totaque res publica domi bellique tradita, ut unius arbitrio gereretur, et ipse postulasset, ut duo sibi collegae darentur, Thrasybulus et Adimantus, neque id negatum esset, classe in Asiam profectus, quod apud Cymen minus ex sententia rem gesserat, in invidiam recidit. Nihil enim eum non efficere posse ducebant. Ex quo fiebat, ut omnia minus prospere gesta culpae tribuerent, cum aut eum neglegenter aut malitiose fecisse loquerentur; sicut tum accidit: nam corruptum a rege capere Cymen noluisse arguebant. Itaque huic maxime putamus malo fuisse nimiam opinionem ingenii atque virtutis: timebatur enim non minus quam diligebatur, ne secunda fortuna magnisque opibus elatus tyrannidem concupisceret. Quibus rebus factum est ut absenti magistratum abrogarent et alium in eius locum substituerent.


Questa gioia per Alcibiade non fu molto duratura. Infatti, dopo che gli erano stati decretati tutti gli onori e gli era stato consegnato tutto lo stato in pace ed in guerra, così che fosse gestito ad arbitrio di lui solo, e lui stesso aveva chiesto che gli fossero assegnati due colleghi, Trasibulo e Adimanto, e ciò non gli era stato negato, partito per l’Asia con la flotta, ricadde in disgrazia poiché presso Cime aveva condotto le cose non secondo (i desideri) le aspettative: infatti credevano che egli fosse in grado di portare a termine ogni cosa. Da ciò derivava che attribuissero alla sua responsabilità tutte le imprese sfortunate (tutte le cose fatte meno felicemente), dicendo che aveva agito negligentemente o slealmente, come allora realmente accadde:

infatti lo accusavano di non aver voluto prendere Cime, perché corrotto dal re. Pertanto reputiamo che a quest’uomo soprattutto sia stata di danno (dativo di effetto) l’eccessiva reputazione di ingegno e capacità: era infatti temuto non meno di quanto fosse amato, (nel timore) che, reso superbo dalla sorte favorevole e dalla grande potenza, potesse aspirare alla tirannide. Per questo accadde che gli sottrassero, in sua assenza, la magistratura, e al suo posto sostituirono un altro.

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