De Phocionis integritate (Versione latino Nepote)

De Phocionis integritate
Autore: Cornelio Nepote

Pater mature decessit. Ipse adulescentulus propter affinitatem P. Sulpicii, qui tribunus plebi interfectus est, non expers fuit illius periculi.

Namque Anicia, Pomponii consobrina, nupserat Servio, fratri Sulpicii. Itaque interfecto Sulpicio, posteaquam vidit Cinnano tumultu civitatem esse perturbatam neque sibi dari facultatem pro dignitate vivendi, quin alterutram partem offenderet, dissociatis animis civium, cum alii Sullanis, alii Cinnanis faverent partibus, idoneum tempus ratus studiis obsequendi suis, Athenas se contulit. Neque eo setius adulescentem Marium hostem iudicatum iuvit opibus suis, cuius fugam pecunia sublevavit. Ac ne illa peregrinatio detrimentum aliquod afferret rei familiari, eodem magnam partem fortunarum traiecit suarum. Hic ita vixit, ut universis Atheniensibus merito esset carissimus. Nam praeter gratiam, quae iam in adulescentulo magna erat, saepe suis opibus inopiam eorum publicam levavit. Cum enim versuram facere publice necesse esset neque eius condicionem aequam haberent, semper se interposuit atque ita, ut neque usuram umquam ab iis acceperit neque longius, quam dictum esset, debere passus sit. Quod utrumque erat iis salutare. Nam neque indulgendo inveterascere eorum aes alienum patiebatur neque multiplicandis usuris crescere. Auxit hoc officium alia quoque liberalitate. Nam universos frumento donavit, ita ut singulis sex modii tritici darentur; qui modus mensurae medimnus Athenis appellatur. Hic autem sic se gerebat, ut communis infimis, par principibus videretur.

Quo factum est, ut huic omnes honores, quos possent, publice haberent civemque facere studerent; quo beneficio ille uti noluit
Il padre mori presto. Ancor giovinetto, a causa della sua parentela con P. Sulpicio, che fu ucciso mentre era tribuno della plebe, non fu esente da un simile pericolo: infatti Anicia, la cugina di Pomponio, aveva sposato M. Servio, fratello di Sulpicio. .Pertanto, ucciso Sulpicio, come vide la città sconvolta dai tumulti di Cinna e che non gli era concessa la possibilità di vivere secondo la dignità del suo stato senza offendere l'una o l'altra delle due parti, perché gli animi dei cittadini erano divisi, parteggiando gli uni per il partito di Silla, gli altri per quello di Cinna, ritenendo quella una circostanza adatta per attendere ai suoi studi, si recò ad Atene. Questo non gli impedì però di aiutare con i suoi mezzi Mario il giovane, che era stato dichiarato nemico pubblico, a cui venne incontro con il denaro nel suo esilio. .E perché quel suo soggiorno all'estero non arrecasse un qualche danno al suo patrimonio, trasferì colà gran parte delle sue fortune. Qua visse in modo da essere sommamente ed a buon diritto caro a tutti gli Ateniesi. Infatti, a parte la sua amabilità, che ebbe grande fin dalla adolescenza, spesso con le sue sostanze venne in soccorso della loro pubblica povertà.

Quando infatti si trovavano nella necessità di spegnere un debito con un nuovo prestito e non riuscivano ad aver condizioni eque di interesse, sempre intervenne personalmente ed in modo tale da non pretendere da loro né interesse iniquo né da permettere che il loro debito durasse più a lungo di quanto fosse stato stabilito. L'una e l'altra cosa era loro salutare: infatti né permetteva con proroghe che il loro debito si consolidasse, né che crescesse con l'accumulo degli interessi. Accrebbe questo suo servigio anche con un'altra liberalità; infatti donò frumento a tutti, in modo tale che a ciascuno toccassero sei moggi di grano: una misura che ad Atene è chiamata medimno. Qui si comportava in modo tale, da apparire agli infimi uno di loro, ai maggiorenti un loro pari. Per la qual cosa, avvenne che a lui concedessero tutte le pubbliche onorificenze che potevano e volessero dargli la cittadinanza:

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