Alessandro prende possesso della città di Nisa - Versione latino Curzio Rufo

Igitur Alexandro finis Indiae ingresso gentium suarum reguli occurrerunt imperata facturi, illum tertium Iove genitum ad ipsos pervenisse memorantes: Patrem Liberum atque Herculem fama cognitos esse; ipsum coram adesse cernique.

Rex benigne exceptos sequi iussit, isdem itinerum ducibus usurus. Ceterum, cum amplius nemo occurreret, Hephaestionem et Perdiccan cum copiarum parte praemisit ad subigendos, qui aversarentur imperium; iussitque ad flumen Indum procedere et navigia facere, quis in ulteriora transportari posset exercitus. Illi, quia plura flumina superanda erant, sic iunxere naves ut, solutae, plaustris vehi possent rursusque coniungi. Post se Cratero cum phalange iusso sequi equitatum ac levem armaturam eduxit, eosque, qui occurrerunt, levi proelio in urbem proximam conpulit. Iam supervenerat Craterus. Itaque, ut principio terrorem incuteret genti nondum arma Macedonum expertae, praecipit ne cui parceretur, munimentis urbis quam obsidebat incensis. Ceterum, dum obequitabat moenibus, sagitta ictus. Cepit tamen oppidum, et omnibus incolis eius trucidatis etiam in tecta saevitum est.
Inde domita ignobili gente ad Nysam urbem pervenit. Forte castris ante ipsa moenia in silvestri loco positis nocturnum frigus vehementius quam alias horrore corpora adfecit, opportunumque remedium ignis oblatum est. Caesis quippe silvis flammam excitaverunt, quae lignis alita oppidanorum sepulcra conprehendit, vetusta cedro erant facta, conceptumque ignem late fudere, donec omnia solo aequata sunt. Et ex urbe primum canum latratus, deinde etiam hominum fremitus auditus est. Tunc et oppidani hostem et Macedones ad urbem ipsos venisse cognoscunt. Iamque rex eduxerat copias et moenia obsidebat, cum hostium qui discrimen temptaverant obruti telis sunt. Aliis ergo deditionem, aliis pugnam experiri placebat. Quorum dubitatione conperta, circumsederi tantum eos et abstineri caedibus iussit; tandemque obsidionis malis fatigati dedidere se. A Libero Patre conditos se esse dicebant; et vera haec origo erat. Sita est urbs sub radicibus montis, quem Meron incolae appellant; inde Graeci mentiendi traxere licentiam, Iovis femine Liberum Patrem esse celatum.

Rex situ montis cognito ex incolis cum toto exercitu praemissis commeatibus verticem eius ascendit. Dunque, quando Alessandro fece ingresso nei confini dell’India, gli vennero incontro i principi dei suoi popoli per obbedire ai suoi ordini, ricordandogli che egli era il terzo figlio di Giove giunto da loro: il Padre Libero ed Ercole erano noti per fama; egli invece era lì, davanti a loro e poteva esser ammirato. Il re li accolse con ospitalità e li invitò a seguirlo, per servirsi di essi come guida nel viaggio. Del resto, poiché non veniva incontro nessun altro, mandò avanti Efestione e Perdicca con parte dell’esercito per sottomettere chi non voleva saperne del suo dominio; e comandò loro di avanzare fino al fiume Indo e costruire dei natanti sui quali fosse possibile trasportare l’esercito dall’altra parte. Essi, poiché dovevano attraversare parecchi fiumi, disposero le navi in modo che, smontate, potessero esser trasportate su carri e poi di nuovo montate. Dopo aver ordinato a Cratero di seguirlo con la falange, guidò la cavalleria e la fanteria leggera e confinò in una vicina città, con una breve battaglia, coloro che gli si erano opposti. Ormai era sopraggiunto Cratero. Pertanto, per incutere dapprincipio terrore a gente non ancora esperta delle armi macedoni, ordinò di non risparmiare nessuno, dopo aver incendiato le fortificazioni della città che stava assediando. Ma, mentre cavalcava attorno alle mura, fu colpito da una freccia. Tuttavia conquistò la città, e dopo averne trucidato tutti gli abitanti, si accanì anche contro gli edifici.
Quindi, dopo aver sottomesso una popolazione sconosciuta, giunse alla città di Nisa. Dopo aver posto il campo proprio davanti alle mura, in un luogo boscoso, il freddo della notte, più intenso di altre volte, provocò dei brividi nei corpi, e come opportuno rimedio si offrì del fuoco.

Infatti, tagliati degli alberi, appiccarono il fuoco, che, alimentato dal legno, avvolse i sepolcri degli abitanti. Erano costituiti di vecchio cedro, e propagarono intorno il fuoco appiccato, finché furono tutti rasi al suolo. E dalla città si udì dapprima un latrare di cani, quindi anche un vociare umano. Allora gli assediati capirono che il nemico si stava avvicinando e i Macedoni si resero conto che erano vicini alla città. E già il re aveva condotto avanti le truppe e poneva l’assedio alla città, quando dei nemici, che avevano tentato una sortita, furono sommersi dalle frecce. Quindi alcuni propendevano di tentare la resa, altri il combattimento. Resosi conto della loro esitazione, . Alessandro ordinò che fossero solo circondati e che ci si astenesse dal massacro; alla fine, stremati dalle privazioni dell’assedio, si arresero. Dicevano di esser stati costituiti dal Padre Libero; e questa origine era veritiera. La città è situata alle pendici del monte che gli abitanti chiamano Mero; da qui i Greci presero lo spunto per mentire, asserendo che il Padre Libero fosse stato nascosto in una coscia di Giove. Il re, dopo aver appreso dagli abitanti la conformazione del monte ed aver mandato avanti le salmerie, salì con tutto l’esercito sulla sua vetta

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