La condanna all'esilio di Furio Camillo - VERSIONE latino e traduzione

La condanna all'esilio di Furio Camillo
Autore: sconosciuto
da NUOVO TRADURRE DAL LATINO

M. Caedicius, homo plebeius, tribunus narravit se in via, ubi sacellum est supra aedem deae Vestae, audivisse vocem clariorem humana nuntiantem Gallos ad urbem adventare....

Marco Cedico, un plebeo, raccontò ai tribuni di aver sentito in una strada, dove si trova un tempietto sopra il tempio della dea Vesta, da un tribuno una voce più squillante di una (voce) umana che annunziava che i Galli si stavano avvicinando alla città.

I cittadini trascurarono ciò a causa dell?umile condizione dell?autore, essendo il popolo dei Galli lontano e sconosciuto. Gli stessi cittadini, poi, benchè tanti mali sovrastassero su di essi, non solo disprezzarono gli ammonimenti degli dèi, ma trascurarono anche i mezzi umani.

E infatti cacciarono dalla città Furio Camillo, che aveva accresciuto la gloria della repubblica e aveva consolidato le fortificazioni. Quando infatti il tribuno della plebe Lucio Apulio ordinò che quello fosse chiamato in giudizio per essersi appropriato del bottino di Veio, fu mandato in esilio con dura e severa sentenza.

Egli stesso, durante il medesimo periodo, perse con gran dolore anche il suo ottimo giovane figlio. Ma la patria, dimentica dei grandissimi meriti di tanto uomo, aggiunse alla condanna del padre le esequie del figlio.

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