Luciano racconta uno strano incontro- VERSIONE latino
Luciano racconta uno strano incontro
versione di latino e traduzione
Inizio: vespere iam ingruente ad insulam non magnam quae habitabatur a mulieribus ...
S ul calar della sera approdammo su un'isola non grande che era abitata da femmine, come credemmo, che parlavano greco: esse ci vennero incontro, ci salutarono, ci abbracciarono; erano vestite e abbigliate come cortigiane, tutte belle e giovani, e trascinavano lunghe vesti per terra.
L'isola si chiamava la Cavallara, e la città Acquavittima. Le donne dunque ci presero, e ciascuna condusse uno di noi a casa sua e l'ospitò. Io andavo un poco a rilento, perché il cuore non mi presagiva bene, e guardando attentamente intorno, vedo molte ossa e teschi umani sparsi qua e là: avrei voluto gridare, chiamare i compagni, correre all'armi, ma mi tenni; e cavata la santa malva, fervorosamente me le raccomandai, che mi scampasse dai presenti pericoli.
Ed ecco poco appresso, mentre la mia albergatrice s'affaccendava per la casa, le vidi non gambe di femmine ma unghie di asina. Sfodero la spada, l'afferro, la lego, le domando: Dimmi, che è cotesto ? Ella non voleva, ma pure infine parlò e disse che esse erano ninfe marine, chiamate Gambedàsine, e mangiano i forestieri che quivi capitano.
Li ubbriachiamo, soggiunse, ci corichiamo con essi, e mentre dormono li accoppiamo. All'udir questo, la lascio qui legata, salgo sul tetto, e con un grido chiamo i compagni: e venuti racconto il fatto, addito le ossa, e li conduco a quella legata, la quale subito diventò acqua, e spari: ma io per una prova misi la spada nell'acqua, che diventò sangue. Tornati in fretta alla nave, andammo via.
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