Muzio Scevola - versione latino

Muzio Scevola
versione latino e traduzione dal libro
Littera litterae 1A pag 260 n1

Cum Porsena, Tuscorum rex, contra Romanos bellum gereret et Romam obsideret, C. Mucius, iuvenis Romanus, in hostium castra sua sponte penetravit ut eorum regem necaret....

Porsenna, re degli Etruschi, mentre faceva una guerra contro i Romani e assediava Roma, C. Muzio, giovane Romano, penetrò con la sua volontà nell'accampamento dei nemici affinché uccidesse il loro re. Poichè era giunto nella tenda di Porsenna, non riconobbe il re e al posto suo uccise lo scriba.

Ma egli fu preso dagli Etruschi e fu presentato alla vista del re. Così Muzio gli disse: "Sono un cittadino Romano.

Non solo, tuttavia ho a te un animo ostile: lo stesso odio tutti i Romani contengono riguardo a te". Subito dopo, affinché mostrasse il suo valore, bruciò la mano destra nei carboni incandescenti.

Il re si stupì e fu colmato dall'ammirazione, e gli disse: "Certamente hai mostrato veramente un forte animo!Perciò ti manderò via". Dopo i Romani gli aggiunsero il cognome di Scevola, per la mano destra che perse.

altro libro

Cum Porsenna, Etruscorum rex, Tarquinios in urbem reddere cuperet et impetum faciens Ianiculum cepisset, Horatius Cocles, ita appellatus...

Desiderando Porsenna, re degli Etruschi, riportare i Tarquini nella città e avendo occupato il Gianicolo scagliatosi all'attacco, Orazio Coclite, così chiamato poiché in un altro combattimento aveva perso un occhio, rimase presso il ponte Sublicio e sostenne da solo l'esercito dei nemici, fino a quando il ponte fu tagliato alle spalle. Poi con lo stesso ponte cadde nel Tevere e senza timore, armato, giunse ai suoi nuotando. A causa di ciò a lui fu dato tanto di terreno pubblico quanto ne coltivava in un giorno con il vomere.

Poi una sua statua fu collocata a Vulcanale. Poiché nello stesso tempo il re Porsenna assediava la città, M. Cordo, uomo notevole per la fermezza, pieno di virtù e mancante di vizi, andò al cospetto del senato chiedendo di andare nell'accampamento dei nemici, promettendo l'uccisione del re. Essendo stato preso e condotto dal re, impose la destra nelle are affinché fosse amputata poiché aveva sbagliato.

Essendo stato liberato dalla misericordia del re, lui stesso affermò che altri trecento contro di lui allo stesso modo avevano congiurato. Allora il re atterrito da quella cosa appianò la guerra.

Muzio Scevola dal libro Nove Discere

Cum Mucius a Porsenna rege Etruscorum urbem nostram gravi ac diutino bello urgueri aegre ferret, castra eius clam ferro cinctus intravit immolantemque ante altaria conatus occidere est....

Muzio, tollerando a fatica che la nostra città fosse oppressa da Porsenna re degli Etruschi con una pesante e lunga guerra, armatosi di spada, penetrò di nascosto nell'accampamento di quello e tentò di uccidere lui che sacrificava davanti agli altari.

Sorpreso tuttavia nel mezzo dell'esecuzione del progetto pio (nel senso di patriottico) e nello stesso tempo coraggioso, non nascose la causa dell'arrivo (del suo arrivo) e mostrò con straordinaria sopportazione quanto disprezzasse le torture: infatti odiando, credo, la sua mano destra, poiché non aveva potuto servirsi della sua opera nell'uccisione del re, sopportò che bruciasse dopo avere posta (la mano) sopra un braciere.

Gli dei immortali certamente non guardarono con occhi più attenti nessun sacrificio celebrato presso gli altari. Costrinse anche lo stesso Porsenna a dimenticò del suo pericolo e a cambiare la sua vendetta in ammirazione. Infatti disse: "Ritorna dai tuoi, Muzio, e riferisci loro che tu, pur avendo attentato alla mia vita, sei stato da me donato con la vita (graziato insomma).

E (Scevola), non avendone adulato la clemenza, più afflitto per la salvezza di Porsenna che lieto per la sua, se ne tornò a Roma con l’appellativo di Scevola a titolo di gloria immortale (riportò se stesso alla città con il soprannome di Scevola di eterna gloria).

Muzio Scevola
Versione di latino di Livio LIBRO Latino laboratorio 1

Roma a Porsenna, Etruscorum rege, obsidebatur et iam fere capiebatur. Tunc C. Mucius adulescens populum Romanum indignum servitute putat, quia numquam bello victus est neque ab hostibus ullis obsessus est....

Roma era assediata da Porsenna, re degli etruschi e già era quasi presa. Allora il giovane Muzio considera il popolo romano indegno di servitù, poiché mai vinto fu vinto in guerra e non era stato sottomesso da nessun nemico.

Dunque Muzio spontaneamente decise di entrare nell'accampamento dei nemici. Così nuotò oltre il Tevere e giunse all'accampamento dei nemici. Nella folla si fermò sconosciuto vicino al tribunale regio. Ai soldati era dato un salario, e non Muzio fece distinzione da (cerca scriba): così uccise lo scriba al posto del re. L'uomo romano subito preso, legato in catene fu portato davanti al tribunale regio.

Allora ponunciò parole di esimia audacia contro l'esercito degli etruschi: sono un cittadino romano, disse. Ho tentato un'impresa degna del popolo romano ma ho sbagliato. Alcuni giovani presi dal mio popolo e nonostante tutto l'impresa è tentata da altri stenui uomini. Infine con grande audacia ho gettato la mano destra nel fuoco.

Il re fu mosso validamente dalle parole e dalle imprese di Muzio disse: ora giustamente ti lascio libero dalla guerra, intatto e inviolato alla tua città. Da Porsenna con Muzio vennero mandati ambasciatori sulle condizioni di pace. Al giovane animoso poi dalla perdita della mano destra venne deciso il cognome di Scevola.

Muzio Scevola versione latino Valerio Massimo libro Superni gradus

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