Il Pervigilium Veneris (la veglia di Venere)

Testo latino e traduzione

Cras amet qui numquam amavit quique amavit cras amet. Ver novum, ver iam canorum, vere natus orbis natus est, Vere concordant amores, vere nubunt alites, Et nemus comam resolvit de maritis imbribus. Cras amorum copulatrix inter umbras arborum inplicat casa virentes de flagello myrteo: Cras Dione iura dicit fulta sublimi throno.

Ami domani chi non amò mai: domani ami chi amò.Ecco la nuova primavera, la primavera dei canti;

di primavera è nato il mondo, di primavera concordano gli amori, di primavera sposano gli uccelli e la foresta spiega la sua chioma dalle piogge fecondatrici.Domani la congiungitrice degli amori tra le ombre degli alberi intreccia verdi capanne con ramoscelli di mirto. Domani detta Dione le sue leggi dall’altissimo trono.

Cras amet qui numquam amavit quique amavit cras amet. Tunc cruore de superno spumeo pontus globo Caeruleas inter catervas, inter et bipedes equos Fecit undantem Dionem de maritis imbribus....

Domani ami chi mai ha amato e chi ha amato domani ami! Allora il mare da un batuffolo di schiuma di sangue celeste  fra cerule moltitudini e bìpedi ippocampi fece nascere com’un’onda Dione dalle onde marine.

Domani ami chi mai ha amato e chi ha amato domani ami! Ella ricama con gemme di fiori la rossiccia stagione, ella spinge i sorgenti boccioli in nodi gonfiati dal vento Favonio; ella della lucida rugiada, che la brezza notturna depone, sparge le umide gocce.

En micant lacrimae trementes de caduco pondere: Gutta praeceps orbe parvo sustinet casus suos....

Ecco splendono le lacrime tremanti tratte giù dal loro peso: la goccia che sta per cadere pende inerte nel suo piccolo globo.

Ecco le fiorenti porpore hanno già svelato il pudore. Quell’umore che gli astri stillano nelle notti serene domani tutte si sposino le vergini rose. Fatta del sangue di Venere Ciprigna e di baci d’Amore e di gemme e di fiamme e della porpora del sole, domani il rossore, che si nascondeva sotto l’ignea veste, la rosa non si vergognerà di sciogliere dall’unico boccio. Ami domani chi non amò mai: domani ami chi amò.

Ipsa Nymphas diva luco iussit ire myrteo: It puer comes puellis: nec tamen credi potest Esse amorem feriatum, si sagittas vexerit....

La dea ha prescritto alle stesse ninfe di andare nel bosco di mirti: il Fanciullo accompagna le fanciulle; né tuttavia si potrebbe credere che Amore sia a riposo, se portasse delle frecce.

Andate pure, ninfe; ha deposto le armi, è a riposo Amore! Gli è stato ordinato di andare inerme e nudo, affiché non colpisca alcunché con arco, freccia o fuoco.

Ma tuttavia, ninfe, state attente, perché Cupido è bello: Amore è tutto in armi lo stesso, quand’è nudo. Domani ami chi mai ha amato e chi ha amato domani ami!

Conpari Venus pudore mittit ad te virgines. Una res est quam rogamus: cede, virgo Delia, Ut nemus sit incruentum de ferinis stragibus....

Venere manda a te noi Vergini di pari pudore: una sola è la cosa che chiediamo: fa, o Vergine di Delo, che il bosco non sia macchiato da stragi di fiere.

Ella stessa vorrebbe pregarti, se potesse piegare una pudica. Ella vorrebbe che tu venissi, se non fosse disdicevole a una vergine.

Già in tre notti di festa vedresti dei cori andare per i tuoi boschi fra folle raccolte, fra corone di fiori, fra capanne di mirto. Non mancano né Cerere né Bacco né il dio dei poeti.

La notte è tutta da sfruttare e da vegliare a lungo con cantici: regni sulle selve Dione! E tu, vattene, Vergine di Delo!” Domani ami chi mai ha amato e chi ha amato domani ami!

Iussit Hyblaeis tribunal stare diva floribus; Praeses ipsa iura dicet, adsidebunt Gratiae....

La dea ha deciso che il suo trono sia eretto fra i fiori iblei: presiederà lei stessa e detterà leggi, con l’assistenza delle Grazie.

Ibla, spargi tutti i fiori, tutti quelli che l’anno ha prodotto! Ibla, indossa una veste di fiori grande quanto la Piana etnea! Qui ci saranno le ninfe dei campi, quelle dei monti, e quelle che abitano selve, boschi sacri e fonti:

la Madre del Fanciullo alato ha ordinato a tutti di assistere, e ha ordinato alle ninfe di non credere ad Amore, anche se nudo. Domani ami chi mai ha amato e chi ha amato domani ami!

Et recentibus virentes ducat umbras floribus. Cras erit quom primus Aether copulavit nuptias, Ut pater totis crearet vernis annum nubibus:...

E rechi ombre verdeggianti ai fiori novelli! Domani sarà il giorno (8) in cui l’Etere per primo consumò le nozze.

Il Padre, per creare tutta l’annata con le nubi primaverili, fluì come pioggia maritale nel seno dell’alma moglie, onde, congiunto al suo gran corpo, producesse ogni frutto.

Ella, con un soffio che permea corpo e anima, con forze occulte agisce all’interno per procreare. Attraverso il cielo, le terre e il mare sottomesso, per il tramite seminale, di sé il percorso praticabile impregnò, e ordinò che il mondo conosca le vie del nascere. Domani ami chi mai ha amato e chi ha amato domani ami!

Ipsa Troianos nepotes in Latinos transtulit: Ipsa Laurentem puellam coniugem nato dedit, Moxque Marti de sacello dat pudicam virginem: Romuleas ipsa fecit cum Sabinis nuptias Unde Ramnes et Quirites proque prole posterum Romuli matrem crearet et nepotem Caesarem; Cras amet qui numquam amavit quique amavit cras amet.

Ella trasformò in latini i discendenti troiani: ella diede a suo figlio per moglie una fanciulla laurentina e dopo a Marte una vergine pudica presa dal santuario . Ella fece le nozze dei romani con le sabine, onde potesse creare Ramni e Quiriti e, a pro della prole degli eredi di Romolo, Cesare padre e nipote. Domani ami chi mai ha amato e chi ha amato domani ami!

Rura fecundat voluptas, rura Venerem sentiunt; Ipse Amor, puer Dionae, rure natus dicitur. Hunc, ager cum parturiret, ipsa suscepit sinu: Ipsa florum delicatis educavit osculis. Cras amet qui numquam amavit quique amavit cras amet.

La voluttà feconda le campagne e queste sentono Venere; Amore stesso, figlio di Dione, si dice nato in campagna. Ella lo ricevette in seno, quando il campo germogliava; ella lo allevò coi delicati baci dei fiori. Domani ami chi mai ha amato e chi ha amato domani ami!

Ecce iam subter genestas explicant agni latus, Quisque tutus quo tenetur coniugali foedere....

Ecco già sotto alle finestre i tori stendono i loro fianchi_, sicuro ognuno del nodo coniugale ond’è avvinto.

Sotto l’ombra coi mariti ecco i greggi belanti delle pecore: e pure gli uccelli canori non volle la dea che tacessero. Già i loquaci cigni riempiono gli stagni del loro rauco strido, all’ombra del pioppo echeggia il canto della fanciulla di Tereo, sì che tu credi che sensi d’amore ella esprime con la gola armoniosa anziché lamentare la sorella per il barbaro marito.

Lei canta e io taccio. Quando viene la mia primavera?Quando sarò come la rondine e finirò di tacere?

Ho perduto tacendo il mio canto, e Febo non mi considera più. Il silenzio perdette così la tacita Amicle. Ami domani chi non amò mai: domani ami chi amò.

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