Anche Alessandro Magno avrebbe ceduto alla virtus (Versione Livio)

Anche Alessandro Magno avrebbe ceduto alla virtus
Autore: Livio
La traduzione n. 54 p. 380

Tamen tanti regis ac ducis mentio, quibus saepe tacitus cogitationibus uolutaui animum, eas euocat in medium, ut quaerere libeat quinam euentus Romanis rebus, si cum Alexandro foret bellatum, futurus fuerit....

Nostante questo, l'aver menzionato un re e un generale tanto grande, mi riporta a considerazioni che tante volte ho fatto tra me e me, e non mi spiace ora valutare quale sarebbe stata la sorte della potenza romana se si fosse scontrata con Alessandro.

In guerra gli elementi che sembrano avere maggior peso sono il numero degli effettivi e il loro valore, il talento dei generali, e la sorte, il cui potere è grandissimo nelle cose degli uomini, e soprattutto nelle guerre. Esaminando questi fattori - presi sia uno per uno sia nella loro globalità -, emerge con evidente chiarezza che Roma, come non fu sottomessa da altri re e da altri popoli, allo stesso modo non lo sarebbe stata nemmeno da questo monarca. Innanzitutto, partendo da un confronto tra i due generali, non posso certo negare che Alessandro sia stato un grande condottiero. Ma la sua gloria è ulteriormente accresciuta dal fatto di essere stato da solo al comando, e di essere morto giovane, nel momento culminante della sua potenza, senza aver ancora sperimentato i rovesci del destino. Tralasciando altri celebri sovrani e generali (illustri esempi dei casi umani), che cosa fece sì che fossero in balia della sorte Ciro, tanto celebrato dai Greci, e di recente Pompeo Magno se non la loro lunga vita? Dovrei elencare i generali romani (e non tutti quelli di ogni epoca), ma soltanto quelli, dittatori o consoli, contro i quali avrebbe potuto combattere Alessandro, e cioè Marco Valerio Corvo, Gaio Marcio Rutilo, Gaio Sulpicio, Tito Manlio Torquato, Quinto Publilio Filone, Lucio Papirio Cursore, Quinto Fabio Massimo, i due Deci, Lucio Volumnio, Manio Curio? A questi uomini ne seguirebbero altri famosi, se solo Alessandro avesse anteposto la guerra contro Cartagine a quella contro Roma, e fosse passato in Italia una volta raggiunta un'età più avanzata.

Ciascuno di questi uomini era naturalmente dotato di coraggio e di capacità pari ad Alessandro, inoltre tutti avevano una competenza militare trasmessa di mano in mano fin dalle origini di Roma, e giunta a essere una scienza regolata da norme fisse. Così i re avevano combattuto le loro guerre, e così quelli che li avevano cacciati, i Giunii e i Valerii, così in séguito i Fabii, i Quinzi e i Cornelii, così Furio Camillo, che era già avanti negli anni agli occhi di quegli uomini che, nel pieno della loro giovinezza, avrebbero avuto in sorte il cómpito di affrontare Alessandro. Per quel che concerne le capacità dimostrate da Alessandro nell'affrontare il combattimento (caratteristica questa che accresce ancor di più il suo prestigio), se mai avessero dovuto affrontarlo in duello, avrebbero di conseguenza avuto la peggio Manlio Torquato o Valerio Corvo, famosi prima ancora come guerrieri che come generali, avrebbero avuto la peggio i Deci che, avendo offerto in voto i propri corpi, si lanciarono nel fitto delle file nemiche, avrebbe avuto la peggio Papirio Cursore, forte nel fisico e nello spirito com'era? Per non fare i nomi a uno a uno, la saggezza di un solo giovane avrebbe piegato quel senato la cui essenza fu colta dall'uomo che lo definì composto di re? Questa è la sola cosa che si sarebbe dovuta temere: cioè che Alessandro fosse in grado di scegliere, con maggiore accortezza di uno qualsiasi dei personaggi sopramenzionati, il punto in cui piazzare il campo, come preparare i rifornimenti, come evitare gli agguati, come scegliere il momento opportuno per attaccare battaglia, come schierare le truppe e come consolidarne la struttura con gli uomini di riserva!

Avrebbe detto di non aver più a che fare con Dario che, trascinandosi dietro un esercito fatto di donne e di enuchi, appesantito dall'oro e dalla porpora (segni tangibili della sua condizione), più vicino allo stato di preda che non a quello di nemico, era stato vinto senza spargimento di sangue, e senza che Alessandro avesse alcun altro merito se non il coraggio di trattare con disprezzo tutta quella vana ostentazione. L'Italia gli avrebbe fatto un'impressione del tutto diversa dall'India, attraverso la quale avanzò tra una crapula e l'altra con un esercito di avvinazzati, non appena avesse visto i passi dell'Apulia e le montagne della Lucania e le tracce della recente disfatta subita in famiglia, nel punto in cui poco tempo prima aveva trovato la morte lo zio materno, Alessandro re dell'Epiro.

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