Il chiodo espiatorio (Versione latino Livio)

Il chiodo espiatorio
Autore: Livio

Nec tamen ludorum primum initium procurandis religionibus datum aut religione animos aut corpora morbis leuauit; quin etiam, cum medios...

Tuttavia neppure l'introduzione degli spettacoli teatrali destinata a placare l'ira degli dèi riuscì a liberare le menti dalla superstizione o i corpi dal contagio.

Tutt'altro. Proprio mentre gli spettacoli erano in pieno svolgimento, uno straripamento del Tevere rese impraticabile il Circo Massimo, il che causò il panico, come se gli dèi avessero ormai voltato le spalle e disprezzassero i tentativi fatti per placare la loro ira. E così, durante il consolato di Gneo Genucio e di Lucio Emilio Mamerco (entrambi eletti per la seconda volta), dato che la ricerca di rimedi praticabili preoccupava le menti più di quanto la pestilenza non stremasse i corpi, si dice che i cittadini più anziani richiamassero alla memoria il fatto di una pestilenza un tempo placata da un chiodo infisso dal dittatore. E il senato, spinto da questa credenza, ordinò di nominare un dittatore al fine di piantare il chiodo. La scelta cadde su Lucio Manlio Imperioso il quale si scelse come maestro di cavalleria Lucio Pinario. C'è un'antica legge, scritta con parole e caratteri arcaici, la quale stabilisce che il più alto magistrato in carica pianti un chiodo alle idi di Settembre.

Questa legge era affissa sul lato destro del tempio di Giove Ottimo Massimo, nel punto in cui c'è il santuario di Minerva. Data la rarità della scrittura in quei tempi, pare che il chiodo servisse per segnare il numero degli anni e che la legge fosse stata consacrata nel santuario di Minerva perché il numero è un'invenzione della dea. Lo storico Cincio, attento studioso di quel tipo di testimonianze, afferma che anche a Volsinii nel tempio della dea etrusca Nortia si possono ancora vedere dei chiodi piantati per indicare il numero degli anni. Il console Marco Orazio, attenendosi a quella legge, consacrò il tempio di Giove Ottimo Massimo l'anno successivo alla cacciata dei re. In séguito la cerimonia solenne del piantare il chiodo passò dai consoli ai dittatori, in quanto rappresentavano un'autorità più alta. Col passare del tempo l'usanza era stata abbandonata.

Ciò non ostante in quel periodo sembrò essere di per se stessa motivo sufficiente per la nomina di un dittatore. Per tale ragione venne eletto Lucio Manlio il quale, come se fosse stato nominato per condurre una guerra e non per assecondare una semplice superstizione, aspirando a portare guerra agli Ernici, suscitò il malcontento dei giovani bandendo una leva che non ammetteva esclusioni. Ma alla fine, quando tutti i tribuni della plebe insorsero uniti contro di lui, si lasciò piegare dalla forza o dalla vergogna e rinunciò alla dittatura.

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