Il senato si oppone ai culti stranieri (Versione latino Livio)

Il senato si oppone ai culti stranieri
Autore: Livio
Velim n. 191 pag. 247

Tanta religio et ea magna ex parte externa civitatem incessit, ut aut homines aut dei repente alii viderentur facti.

Nec iam in secreto modo atque intra parietes abolebantur Romani ritus, sed in publico etiam ac foro Capitolioque mulierum turba erat nec sacrificantium nec precantium deos patrio more. Sacrificuli ac vates ceperant hominum mentes; quorum numerum auxit rustica plebs, ex incultis diutino bello infestisque agris egestate et metu in urbem conpulsa, et quaestus ex alieno errore facilis, quem velut concessae artis usu exercebant. Primo secretae bonorum indignationes exaudiebantur; deinde ad patres etiam ac publicam querimoniam excessit res. Incusati graviter ab senatu aediles triumvirique capitales, quod non prohiberent, cum emovere eam multitudinem e foro ac disicere adparatus sacrorum conati essent, haud procul afuit, quin violarentur. Ubi potentius iam esse id malum apparuit, quam ut minores per magistratus sedaretur, M. Aemilio praetori urbano negotium ab senatu datum est, ut eis religionibus populum liberaret. Is et in contione senatus consultum recitavit et edixit, ut, quicumque, libros vaticinios precationesve aut artem sacrificandi conscriptam haberet, eos libros omnis litterasque ad se ante kal. Apriles deferret, neu quis in publico sacrove loco novo aut externo ritu sacrificaret.


con tanta superstizione grande assalì la cittadinanza dalla parte esterna, che o gli uomini o gli dei sembravano velocemente diventati altri. Nè già soltanto in segreto e tra le mura domestiche i Romani abolivano i riti, ma anche nella pubblica piazza e sul Campidoglio c'era una turba di donne che né sacrificavano né pregavano gli dei secondo la tradizione dei padri. Sacerdoti e indovini avevano preso le menti degli uomini; la plebe rurale aumentò il numero di questi, dagli incolti e minacciati campi per una lunga guerra e la paura penetrata in città, e il guadagno facile dall'inganno altrui, che trafficavano come mestiere permesso. Inizialmente si ascoltavano segrete indignazioni degli onesti; quindio la cosa si estese anche ai senatori e alla pubblica lamentela. Accusati gravemente dal senato gli edili e i treviri capitali, poiché non vietavano (queste cose), avendo intrapreso a scacciare questa moltitudine dal foro e distruggere il fasto dei sacrifici, mancò poco che fossero oltraggiati.

Quando apparì che il male c'era già, che affinché i più piccoli fossero fermati tramite il magistrato, fu dato dal senato il compito al pretore urbano Marco Emilio, per liberare il popolo da queste credenze. Egli sia nell'assemblea del senato diede un consulto ed emanò un decreto, che, chiunque, avendo libri di predizioni o di formule di preghiera o un trattato sull'arte di sacrificare, portasse tutti i libri e tutte le cose scritte a lui prima del primo Aprile, affinché nessuno avrebbe sacrificato in luogo pubblico ao sacro con un rito nuovo o straniero.

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