Inizio del duello tra Orazi e Curiazi (Versione latino Livio)

Inizio del duello tra Orazi e Curiazi
Autore: Livio
LIBRO VelPAG 109 NUM 10

Trigemini, sicut convenerat, arma capiunt. Cum sui utrosque adhortarentur, deos patrios, patriam ac parentes, quidquid civium domi, quidquid in exercitu sit, illorum tunc arma, illorum intueri manus, feroces et suopte ingenio et pleni adhortantium vocibus in medium inter duas acies procedunt.

Consederant utrimque pro castris duo exercitus, periculi magis praesentis quam curae expertes; quippe imperium agebatur in tam paucorum virtute atque fortuna positum. Itaque ergo erecti suspensique in minime gratum spectaculum animo incenduntur. Datur signum infestisque armis velut acies terni iuvenes magnorum exercituum animos gerentes concurrunt. Nec his nec illis periculum suum, publicum imperium servitiumque obversatur animo futuraque ea deinde patriae fortuna quam ipsi fecissent. Ut primo statim concursu increpuere arma micantesque fulsere gladii, horror ingens spectantes perstringit et neutro inclinata spe torpebat vox spiritusque. Consertis deinde manibus cum iam non motus tantum corporum agitatioque anceps telorum armorumque sed volnera quoque et sanguis spectaculo essent, duo Romani super alium alius, volneratis tribus Albanis, exspirantes corruerunt. Ad quorum casum cum conclamasset gaudio Albanus exercitus, Romanas legiones iam spes tota, nondum tamen cura deseruerat, exanimes vice unius quem tres Curiatii circumsteterant.


I tre gemelli, come era stato prestabilito, afferrano le armi. Fra le esortazioni dei rispettivi popoli che ricordavano che gli dei, la patria, i genitori e i concittadini tutti, quelli rimasti nelle città e quelli in armi, tenevano in quel momento gli occhi fissi alle loro armi e alle loro braccia, essi, animosi già per natura e infiammati dalle grida di incitamento, s'avanzano in mezzo ai due eserciti. I soldati si erano schierato davanti ai rispettivi accampamenti, senza timore per il presente, ma non senza ansia, poiché era in gioco l'egemonia, affidata al valore e alla fortuna di così pochi uomini. E dunque seguono tutti in piedi e con grande tensione quello spettacolo per loro affatto piacevole. Viene dato il segnale e con le armi in pungo, come due reparti schierati, i tre giovani si lanciano all'attacco con l'ardore di due eserciti. Né gli uni né gli altri si preoccupano del rischi personale: pensano all'egemonia e alla schiavitù del loro popolo, pensano che la sorte dellla patria sarà quella che proprio loro avranno saputo procurare.

Appena risuonarono le armi al primo scontro e corrusche balenarono le spade, una grande angoscia strinse il cuore degli spettatori: le speranza erano pari per entrambi e quindi la tensione troncava la voce e mozzava il respiro. Nel vivo della mischia, quando ormai l'attenzione non si appuntava più soltanto ai movimenti del corpo o all'incerto incrociarsi della armi, ma anche alle ferite e al sangue, due Romani caddero l'uno sull'altro morti, mentre gli Albani erano tutti e tre soltatno feriti. A tale evento levò grida di giubilo l'esercito albano, mentre abbandonarono del tutto la speranza le legioni romane, rimanendo tuttavia in ansia e col fiato sospeso per la sorte di quel solo Orazio, che i tre Curiazi avevano circondato

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