Livio discute sull'istituzione della dittatura (Versione Latino Livio)

Livio discute sull'istituzione della dittatura
Autore: Livio

Insequens annus Postumum Cominium et T. Largium consules habuit. Eo anno Romae, cum per ludos ab Sabinorum iuuentute per lasciuiam scorta...

L'anno successivo ebbe come consoli Postumio Cominio e Tito Largio. Durante la celebrazione dei giochi a Roma, dato che un gruppo di giovani sabini infoiati cercò di portarsi via delle prostitute, ci fu subito un assembramento di uomini e scoppiò una rissa così simile a una battaglia vera e propria da dar l'impressione di non essere un episodio insignificante bensì una minaccia di riapertura delle ostilità. Ma il pericolo di una nuova guerra coi Latini non era il solo allarme: infatti si sapeva ormai per certo che trenta città latine, istigate da Ottavio Mamilio, avevano formato una coalizione. La tensione generale dovuta a queste cupe notizie portò a suggerire per la prima volta la nomina di un dittatore. Circa l'anno e il nome dei consoli sospettati di essere «filotarquiniani» (si parla anche di questo) non c'è accordo tra le fonti, né si sa con certezza chi sia stato il primo dittatore. Tuttavia vedo che gli storici più antichi parlano di Tito Larcio come primo dittatore e di Spurio Cassio come maestro di cavalleria.

Si propendeva per gli ex consoli: così prevedeva la legge presentata sull'elezione del dittatore. Proprio per questo motivo tendo personalmente a credere che come moderatore e mentore dei consoli venne scelto Larcio che era un ex console e non tanto Manio Valerio, figlio di Marco e nipote di Voleso, il quale console non lo era ancora stato. Se poi avessero voluto scegliere il dittatore proprio da quella famiglia, avrebbero dovuto nominare suo padre, Marco Valerio, uomo di specchiata virtù ed ex console. Dopo l'elezione del primo dittatore della storia di Roma, quando la gente lo vide preceduto dalle scuri, provò una paura tale da obbedire con più zelo alla sua parola. Infatti non era più possibile, come nel caso dei consoli, i quali dividevano equamente il potere, ricorrere o appellarsi al collega, né esisteva altra forma di comportamento che l'obbedienza scrupolosa. Anche i Sabini furono presi dal panico quando seppero che a Roma era stato nominato un dittatore, tanto più perché credevano fosse stato nominato per causa loro.

Quindi inviarono ambasciatori con proposte di pace. Quando questi chiesero al dittatore e al senato di perdonare l'errore commesso da dei giovani, fu loro risposto che ai giovani si poteva perdonare, ma non a degli adulti che continuavano a fomentare una guerra dopo l'altra. Tuttavia, si intavolarono trattative: la pace sarebbe stata garantita se i Sabini avessero acconsentito a indennizzare Roma per le spese di preparazione della guerra; questa fu la richiesta. Fu dichiarata guerra, ma un tacito accordo mantenne la pace per un anno.

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