Il ritorno di Alcibiade

Ὁ Ἀλκιβιάδης καταχθεὶς οὐ πρότερον ἀπέβη τῆς τριήρους, πρὶν στὰς ἐπὶ τοῦ καταστρώματος ἰδεῖν Εὐρυπτόλεμόν τε τὸν ἀνεψιὸν παρόντα καὶ τῶν ἄλλων φίλων καὶ οἰκείων συχνοὺς ἐκδεχομένους καὶ παρακαλοῦντας....

Alcibiade quando approdò non scese dalla trireme prima che, stando sul ponte, vide Eurittolemo, suo cugino, che era là con parecchi familiari ed amici arrivati ad accoglierlo, che lo invitavano a scendere.

Quando fu sbarcato, tutti quelli che gli andavano incontro sembrava che neanche vedessero gli altri comandanti, ma correvano verso di lui gridando, lo abbracciavano, lo accompagnavano, gli mettevano corone sul capo; chi non gli si poteva avvicinare lo ammirava da lontano, ed i vecchi lo indicavano a dito ai giovani.

Alla gioia della città si mischiavano anche molte lacrime, e nella considerazione della presente fortuna, il ricordo delle passate sventure; essi ritenevano che non avrebbero perso la Sicilia né sarebbe sfuggito loro alcuno degli altri successi che si erano prefissi, se avessero lasciato in quel momento Alcibiade al governo ed al comando dell'esercito. Infatti notavano che assunto il governo della città quando era quasi esclusa dal mare, e sulla terra a stento comandava sui sobborghi, ed era per di più logorata dalle guerre civili, l'aveva risollevata da condizioni tristi e meschine, e non solo le aveva restituito il potere sul mare, ma la rendeva anche ovunque vittoriosa sui nemici negli scontri terrestri.

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