Zeus riforma gli inferi

ἦν οὖν νόμος ὅδε περὶ ἀνθρώπων καὶ ἐπὶ Κρόνου, καὶ ἀεὶ καὶ νῦν ἔτ' ἔστιν ἐν θεοῖς, τῶν ἀνθρώπων τὸν μὲν δικαίως διελθόντα τὸν βίον καὶ...

C'era ancora questa legge presso gli uomini e presso Crono e sempre fu, ed ora è fra gli dei, che fra gli uomini colui che aveva condotto la vita giustamente e santamente, dopo la morte abitasse nell'isola dei beati con ogni sorte di felicità fuori dai  mali;

e al contrario chi fosse vissuto ingiustamente ed empiamente andasse alla prigione della giustizia e vendetta che si chiama Tartaro. Giudici di costoro al tempo di Crono ed ancora nell'origine dell'impero di Zeus, erano uomini vivi che giudicavano altri vivi nel giorno che dovevano trapassare all'altra vita. Avvenne poi che i giudizi non furono leali fino a che Platone, ed altri sopraintendenti delle isole fortunate non ebbero riferito a Giove, che a lui arrivavano uomini giudicati a luogo non degno.

Rispose Giove: "Ma io disse Farò (in modo) che ciò non accada più. Ora giudizi retti non sono, perché sono giudicati vestiti e vivi e forse accade che molti hanno coperta l'anima sporca e lurida con la veste della bellezza del corpo, della nobiltà e delle ricchezze. E quando si viene al giudizio si fanno avanti molti testimoni che affermano che la vita di questi tali fu giusta e pia, da cui sono i giudici abbagliati, oltre che ancor essi hanno vestita l'anima giudicatrice con il velo degli occhi, degli orecchi e di tutto il corpo, onde tanto i vestimenti propri, quanto quelli dei giudicati, danno grande impedimento.

Prima di tutto si deve avere cura che per l'avvenire gli uomini non sappiano il giorno della morte, come l'hanno saputo per il passato e  già si è detto a Prometeo che fermi tale disordine. Poi si faccia il giudizio quando l'uno e l'altro sono nudi, perché si giudichino morti e il giudice sia nudo e morto e con l'anima stessa esamini l'anima di tutti i morti lontani da tutti i parenti e amici e dall'abbellimento delle vesti, affinché il giudizio sia giusto.

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