Amicizia e opportunismo (Versione latino Seneca)

Amicizia e opportunismo
Autore: Seneca
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Sapiens etiam si contentus est se, tamen habere amicum vult, si nihil aliud, ut exerceat amicitiam, ne tam magna virtus iaceat, non ad hoc quod dicebat Epicurus in hac ipsa epistula, 'ut habeat qui sibi aegro assideat, succurrat in vincula coniecto vel inopi', sed ut habeat aliquem cui ipse aegro assideat, quem ipse circumventum hostili custodia liberet. Qui se spectat et propter hoc ad amicitiam venit male cogitat.


Il saggio, anche se è autosufficiente, vuole, però avere un amico, se non altro per esercitare l'amicizia, e perché una virtù così nobile non languisca; non lo fa per il motivo dichiarato da Epicuro nella medesima lettera, e cioè "per avere chi lo assista se ammalato, chi lo soccorra in carcere o in miseria", ma per avere qualcuno da assistere lui stesso, nelle malattie, o da liberare se prigioniero dei nemici.

Se uno si preoccupa solo di sé e perciò fa amicizia, sbaglia. L'amicizia finirà, come è cominciata: si è procurato un amico perché lo aiutasse nella prigionia: non appena ci sarà rumore di catene, costui sparirà.

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