Elogio della povertà (Versione latino Seneca)

Me quidem, quotiens ad antiqua exempla respexi, paupertatis uti solaciis pudet, quoniam quidem eo temporum luxuria prolapsa est ut maius viaticum exulum sit quam olim patrimonium principum fuit.

Unum fuisse Homero servum, tres Platoni, nullum Zenoni, a quo coepit Stoicorum rigida ac virilis sapientia, satis constat: num ergo quisquam eos misere vixisse dicet ut non ipse miserrimus ob hoc omnibus videatur? Menenius Agrippa, qui inter patres ac plebem publicae gratiae sequester fuit, aere conlato funeratus est. Atilius Regulus, cum Poenos in Africa funderet, ad senatum scripsit mercennarium suum discessisse et ab eo desertum esse rus, quod senatui publice curari dum abesset Regulus placuit: fuitne tanti servum non habere ut colonus eius populus Romanus esset?

Scipionis filiae ex aerario dotem acceperunt, quia nihil illis reliquerat pater: aequum mehercules erat populum Romanum tributum Scipioni semel conferre, cum a Carthagine semper exigeret. O felices viros puellarum quibus populus Romanus loco soceri fuit! Beatioresne istos putas quorum pantomimae deciens sestertio nubunt quam Scipionem, cuius liberi a senatu, tutore suo, in dotem aes grave acceperunt?

Dedignatur aliquis paupertatem, cuius tam clarae imagines sunt? Indignatur exul aliquid sibi deesse, cum defuerit Scipioni dos, Regulo mercennarius, Menenio funus, cum omnibus illis quod deerat ideo honestius suppletum sit quia defuerat? His ergo advocatis non tantum tuta est sed etiam gratiosa paupertas.

Io, ogni volta che ripenso agli esempi antichi, provo vergogna di consolare chi è povero, perché il lusso dei nostri tempi è giunto a tal punto che il viatico di un esule è maggiore di quanto non fosse una volta il patrimonio di un principe.

E' chiaro per tutti che uno solo fu soggetto ad Omero, tre a Platone, nessuno a Zenone, da cui ebbe inizio la rigida e virile filosofia degli stoici. Forse dunque qualcuno potrebbe asserire che questi abbiano vissuto miseramente così da non sembrare che egli stesso sia per questo il più povero fra tutti? Menenio Agrippa, che fu mediatore della grazia pubblica tra i senatori e la plebe, versato il bronzo fu celebrato con funerali.

Attilio Regolo, essendo in Africa, per combattere contro i Cartaginesi, scrisse al senato che il proprio bracciante si era allontanato e e che era stata da lui abbandonata la campagna, che, finchè Regolo fosse lontano, piacque al senato che venisse curata pubblicamente: fu forse non avere un servo di tanto valore, che il popolo Romano fu colono di costui? Le figlie di Scipione ricevettero la dote dall'erario, perché il padre non le aveva lasciato nulla.

Giusto, per Ercole, era che una volta il popolo Romano conferì quel tributo a Scipione, che, vinta Cartagine, non era mai stato espulso. fortunati i mariti di quelle fanciulle che ebbero il popolo romano come suocero! Richiamati Dunque questi grandi uomini la povertà non è soltanto sicura ma anche graziosa.

Traduzione di altro utente

Io, ogni volta che ripenso agli esempi antichi, provo vergogna di consolare chi è povero, perché il lusso dei nostri tempi è giunto a tal punto che il viatico di un esule è maggiore di quanto non fosse una volta il patrimonio di un principe.

È abbastanza risaputo che Omero aveva un solo schiavo, Platone tre e neanche uno Zenone, il fondatore della rigorosa e virile filosofia stoica. Che, forse, qualcuno potrebbe dire che essi siano vissuti miseramente, senza, per questo, sembrare a tutti egli stesso l'ultimo dei miserabili? Menenio Agrippa, che fu l'intermediario di pace tra il senato e la plebe, fu sepolto col denaro di una sottoscrizione. Attilio Regolo, mentre era in Africa e sconfiggeva i Cartaginesi, scrisse al senato che il suo lavorante se n'era andato e aveva lasciato il suo podere in abbandono; al che il senato dispose che sarebbe stato coltivato a spese dello Stato finché Regolo fosse stato assente.

Era poi tanto grave non avere uno schiavo quando fu suo colono il popolo romano? Le figlie di Scipione s'ebbero la dote dal pubblico erario perché il padre non aveva lasciato nulla: era giusto, per Ercole, che il popolo romano pagasse, per una volta, un tributo a Scipione quando lo riscuoteva costantemente dai Cartaginesi. Fortunati gli sposi di quelle ragazze che s'ebbero per suocero il popolo romano! O credi che siano più felici questi le cui danzatrici si sposano con un milione di sesterzi, anziché Scipione le cui figlie ricevettero per dote, dal Senato, loro tutore, una moneta di rame? E qualcuno disdegna ancora la povertà che ha esempi così fulgidi?

Come può sdegnarsi un esule se gli manca qualcosa quando a Scipione mancava la dote per le figlie, a Regolo il bracciante per il suo podere, a Menenio i soldi per il funerale, quando a tutti costoro fu dato onorevolmente ciò che a loro mancava, proprio perché ne erano privi? Con questi esempi la povertà non solo è al sicuro, ma è anche gradita.

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