La ricchezza non da felicità

Ad summam quem voles mihi ex his quorum nomina cum Crasso Licinoque numerantur in medium licet protrahas; adferat censum et quidquid habet...

Indicami, ammettendo che potresti prorogarlo, chi volessi tra coloro che sono annoverati nel mezzo con Crasso e Licinio; dovrebbe apportare un contributo e possiede qualcosa e e spera qualcosa nello stesso tempo dovrebbe valutare: costui, se mi credi, è povero, se (credi) a te stesso, potrebbe esserlo.

Ma colui che uniformò se stesso a ciò che la natura esige non soltanto vive al di fuori del senso di povertà ma oltre la paura. Ma per sapere quanto sia difficile restringere le proprie cose al modo naturale, proprio colui che circondiamo (limitiamo), che tu definisci povero, possiede qualcosa anche del superfluo.

Ma le ricchezze accecano il popolo e lo convertono verso di loro, se viene sottratto da una casa molto denaro, se viene spalmato anche sul suo tetto molto oro, se la famiglia scelta è ragguardevole sia fisicamente che per l'abbigliamento. La felicità di tutti questi si orienta verso il pubblico (l'apparenza): quello che noi sottraiamo dal popolo e dalla fortuna è beato interiormente.

Infatti ciò appartiene a quelli presso cui la povertà operosa invase (occupò) falsamente il titolo di ricchezza, così possiedono la ricchezza come si dice avere la febbre, avendola noi. al contrario siamo abituati a dire - la febbre lo possiede - allo stesso modo bisognerebbe dire - la ricchezza lo possiede.
(By Maria D. )

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