Normalità e decentricità (Versione latino Seneca)

Normalità e decentricità
Autore: Seneca

Turpis qui altosole semisomnus iacet, cuius uigilia medio die incipit; et adhuc multishoc antelucanum est. Sunt qui officia lucis noctisque peruerterintnec ante diducant oculos hesterna graues crapula quam adpetere nox coepit.

Qualis illorum condicio dicitur quos natura, ut ait Vergilius, pedibusnostris subditos e contrario posuit, nosque ubi primus equis Oriens adflauit anhelis, illis sera rubens accendit lumina Vesper, talis horum contraria omnibus non regio sed uita est. Sunt quidam ineadem urbe antipodes qui, ut M. Cato ait, nec orientem umquam solem uideruntnec occidentem. Hos tu existimas scire quemadmodum uiuendum sit, qui nesciuntquando? Et hi mortem timent, in quam se uiui condiderunt?tam infausti ominisquam nocturnae aues sunt. Licet in uino unguentoque tenebras suas exigant, licet epulis et quidem in multa fericula discoctis totum peruersae uigiliaetempus educant, non conuiuantur sed iusta sibi faciunt. Mortuis certe interdiuparentatur. At mehercules nullus agenti dies longus est. Extendamus uitam: huius et officium et argumentum actus est. Circumscribatur nox et aliquidex illa in diem transferatur. Aues quae conuiuiis comparantur, ut inmotaefacile pinguescant, in obscuro continentur; ita sine ulla exercitationeiacentibus tumor pigrum corpus inuadit et ~superba umbra iners saginasubcrescit. At istorum corpora qui se tenebris dicauerunt foeda uisuntur, quippe suspectior illis quam morbo pallentibus color est: languidi et euanidialbent, et in uiuis caro morticina est. Hoc tamen minimum in illis malorumdixerim: quanto plus tenebrarum in animo est! ille in se stupet, ille caligat, inuidet caecis. Quis umquam oculos tenebrarum causa habuit?
Eppure c'è ancora tempo sufficiente se ci si alza, come dire, col giorno. Più zelante e lodevole è chi lo aspetta in piedi e vede l'alba: è vergognoso che uno, col sole già alto, se ne stia a letto dormicchiando e si svegli a mezzogiorno; per molte persone questa è ancòra un'ora antelucana! C'è gente che scambia la notte per il giorno e non apre gli occhi appesantiti dalla baldoria della sera precedente prima che si faccia buio. Inversa alla nostra è la condizione di quegli uomini che la natura, come scrive Virgilio, ha collocato agli antipodi: Quando Oriente coi cavalli ansanti ci alita addosso, per loro Vespero rosseggiante accende tarde luci. Così nel caso di costoro inversa alla nostra è la loro vita, non la regione. Ci sono nella medesima città degli uomini agli antipodi che, come dice Catone, non hanno mai visto il sorgere o il tramontare del sole. Secondo te sanno come vivere, se non sanno neppure quando? E costoro temono la morte, quando sono dei sepolti vivi? Portano male come gli uccelli notturni. Anche se passano le notti tra il vino e i profumi, anche se trascorrono tutto il tempo della loro veglia a rovescio in pranzi di molte portate ben cotte, non banchettano, ma celebrano il proprio funerale.

Per i morti almeno i funerali si celebrano di giorno. Però per dio, se uno si dà da fare, il giorno non è mai lungo. Allunghiamo la vita: l'agire ne è il dovere e la base. Limitiamo la notte e trasferiamone una parte nel giorno. I volatili destinati ai banchetti vengono tenuti chiusi al buio, perché nell'immobilità ingrassino facilmente; così, stando fermi senza muoversi mai, il loro corpo impigrito si gonfia e un grasso molliccio cresce sulle loro membra. Il fisico di questi uomini che si sono votati alle tenebre è ripugnante a vedersi: hanno un colorito più impressionante del pallore degli ammalati: sono bianchicci, deboli e fiacchi; sono vivi, ma la loro carne è morta. E tuttavia questo è il male minore: quanto più fitte sono le tenebre della loro anima! È istupidita, avvolta nell'oscurità più dei ciechi. Chi mai ha avuto gli occhi per vivere al buio? Chiedi come si possa diventare così depravati da aborrire il giorno e trasferire nella notte tutta la propria vita? Tutti i vizi sono contro natura e vengono meno all'ordine prestabilito; l'uomo dissoluto vuol godere di gioie perverse e non solo devia dal retto cammino, ma se ne allontana più che può fino a trovarsi agli antipodi. Secondo te non vivono contro natura quelle persone che bevono a digiuno, che ricevono il vino nelle vene vuote e siedono a tavola già ubriachi? Eppure questo è un vizio frequente nei giovani che vogliono esercitare le forze, e bevono, anzi tracannano, il vino fin sulla soglia del bagno tra i compagni nudi, e si detergono ripetutamente il sudore provocato dalle numerose bevande calde. Bere dopo il pranzo o la cena è da cafoni; lo fanno i villani che non conoscono il vero piacere: loro, invece, godono del vino puro che non galleggia sul cibo, che penetra liberamente fino ai nervi, trovano piacere nell'ubriachezza a digiuno. E quelli che indossano abiti da donna secondo te non vivono contro natura? E quelli che cercano di apparire come giovinetti in fiore, quando ormai la loro stagione è passata? Che c'è di più crudele, di più miserabile? Non diventare mai un uomo per sottostare a lungo a un uomo? E mentre il sesso avrebbe dovuto sottrarli a quella violenza, non li sottrarranno nemmeno gli anni? E non vivono contro natura quelli che vogliono avere le rose d'inverno e con l'impiego di acqua calda e con opportuni trapianti fanno spuntare i gigli nella stagione fredda?

Non vivono contro natura quelli che piantano frutteti in cima alle torri? E quelli che sui tetti delle loro case nei punti più alti hanno boschetti ondeggianti: le radici di questi alberi nascono là dove a stento sarebbe potuta arrivare la cima. Non vive contro natura chi getta le fondamenta delle terme nel mare e il nuoto non gli dà piacere se le vasche d'acqua calda non le colpiscono le onde in tempesta? Stabiliscono di voler tutto contro natura, e alla fine se ne allontanano completamente. "Si fa giorno: è ora di dormire. Tutto è tranquillo: facciamo ginnastica ora, facciamo una passeggiata, pranziamo. Oramai è l'alba: è ora di cenare. Non bisogna fare quello che fa il popolo; è squallido vivere la solita vita ordinaria. Abbandoniamo il giorno come lo vivono tutti gli altri: per noi deve esserci un mattino speciale. " Costoro per me sono come morti; quanto sono vicini alla fine e anche prematura, vivendo alla luce di fiaccole e ceri! Ricordo che in uno stesso periodo furono molti a condurre questo tipo di vita; tra costoro c'era anche un ex pretore, Acilio Buta; dopo aver dilapidato un ingente patrimonio, quando confidò a Tiberio la sua povertà, questi gli rispose: "Ti sei svegliato tardi. " Giulio Montano, un poeta discreto, noto per l'amicizia e la successiva inimicizia con Tiberio, era solito leggere le sue poesie. Spessissimo vi cacciava in mezzo albe e tramonti; una volta un tale, seccato che costui avesse recitato i suoi versi per un giorno intero, sosteneva che non si dovesse più andare alle sue letture, e Natta Pinario disse: "Posso forse comportarmi più gentilmente? Sono pronto ad ascoltarlo dall'alba al tramonto.

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