Superiorità dei Romani sugli Ateniesi (versione latino Seneca)

Superiorità dei Romani sugli Ateniesi
Autore: Seneca

Atheniensium res gestae, sicuti ego aestumo, satis amplae magnificaeque fuere, verum aliquanto minores tamen, quam fama feruntur.

Sed quia provenere ibi scriptorum magna ingenia, per terrarum orbem Atheniensium facta pro maxumis celebrantur. Ita eorum, qui fecere, virtus tanta habetur, quantum eam verbis potuere extollere praeclara ingenia. At populo Romano numquam ea copia fuit, quia prudentissumus quisque maxume negotiosus erat: ingenium nemo sine corpore exercebat, optumus quisque facere quam dicere, sua ab aliis bene facta laudari quam ipse aliorum narrare malebat. Igitur domi militaeque boni mores colebantur; concordia maxuma, minuma avaritia erat; ius bonumque apud eos non legibus magis quam natura valebat. Iurgia, discordias, simultates cum hostibus exercebant, cives cum civibus de virtute certabant. In suppliciis deorum magnifici, domi parci, in amicos fideles erant. Duabus his artibus, audacia in bello, ubi pax evenerat, aequitate, seque remque publicam curabant. Quarum rerum ego maxuma documenta haec habeo, quod in bello saepius vindicatum est in eos, qui contra imperium in hostem pugnaverant quique tardius revocati proelio excesserant, quam qui signa relinquere aut pulsi loco cedere ausi erant.

Le gesta degli Ateniesi, a mio parere, furono assai grandi e magnifiche, ma tuttavia alquanto minori di come tramanda la fama. Ma poiché ivi fiorirono scrittori di grande ingegno, le imprese degli Ateniesi sono celebrate in tutto il mondo come sublimi. Così il valore di quelli che le compirono è ritenuto così grande quanto preclari ingegni coi loro scritti poterono esaltarlo. Il popolo romano invece non ne ebbe gran copia, perché tutti i più saggi erano anche estremamente attivi, nessuno esercitava l'ingegno senza attività corporale, tutti i migliori preferivano agire piuttosto che parlare, e che le loro fortunate imprese fossero lodate da altri, invece che narrare essi quelle degli altri. Dunque i buoni costumi prosperavano in pace e in guerra: v'era massima concordia, nessuna avidità, il giusto e l'onesto valevano presso di loro non più per legge che per natura.

Liti, discordie, rivalità rivolgevano contro i nemici; i cittadini non contendevano tra loro se non per la gloria. Nei sacrifizi agli Dèi erano generosi, in casa parsimoniosi, fedeli con gli amici. Con queste due qualità, l'audacia in guerra, l'equità in pace reggevano se stessi e lo Stato. Di ciò ho queste due prove inconfutabili: in guerra punivano più severamente coloro che combattevano il nemico senza averne ricevuto l'ordine, o richiamati indietro avevano tardato a uscire dalla battaglia, piuttosto che i disertori o i battuti che avevano lasciato il posto

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