La solidarietà dell'imperatore Tito (Versione Svetonio)

La solidarietà dell'imperatore Tito
Autore: Svetonio

Quaedam sub eo fortuita ac tristia acciderunt, ut conflagratio Vesevi montis in Campania, et incendium Romae per triduum totidemque noctes, item pestilentia quanta non temere alias.

In iis tot adversis ac talibus non modo principis sollicitudinem sed et parentis affectum unicum praestitit, nunc consolando per edicta, nunc opitulando quatenus suppeteret facultas. Curatores restituendae Campaniae consularium numero sorte duxit; bona oppressorum in Vesevo, quorum heredes non exstabant, restitutioni afflictarum civitatum attribuit. Vbis incendio nihil nisi sibi publice perisse testatus, cuncta praetorium suorum ornamenta operibus ac templis destinavit praeposuitque complures ex equestri ordine, quo quaeque maturius paragerentur. Medendae valitudini leniendisque morbis nullam divinam humanamque opem non adhibuit, inquisito omni sacrificiorum remediorumque genere.
Inter adversa temporum et delatores mandatoresque erant ex licentia veteri. Hos assidue in foro flagellis ac fustibus caesos ac novissime traductos per amphitheatri arenam, partim subici ac venire imperavit, partim in asperrima insularum avehi.

Vtque etiam similia quandoque ausuros perpetuo coerceret, vetuit inter cetera de eadem re pluribus legibus agi, quaerive de cuiusquam defunctorum statu ultra certos annos.
In tutte queste calamità così gravi egli mostrò non solo la sollecitudine di un imperatore, ma anche la tenerezza tipica di un padre, ora confortando il popolo con i suoi editti, ora procurando tutti i soccorsi che dipendevano da lui. Sorteggiò alcuni ex consoli ai quali diede l'incarico di restaurare la Campania e assegnò i beni di coloro che erano morti durante l'eruzione del Vesuvio senza lasciare eredi, alla ricostruzione delle città distrutte. Durante l'incendio di Roma, dopo aver dichiarato che lo Stato non aveva subito nessuna perdita, destinò ai monumenti e ai templi tutti gli oggetti d'arte delle sue case di campagna e affidò la direzione dei lavori a numerosi cavalieri romani, perché fossero eseguiti più in fretta. Per far cessare l'epidemia e alleviare il male, non trascurò nessuna risorsa umana e divina, ma fece ricorso a tutti i sacrifici e a tutti i rimedi.


Tra i mali del tempo vi erano anche i delatori e i fautori di delazioni, incoraggiati da un'inveterata tolleranza.
Dopo averli fatti fustigare incessantemente sulla pubblica piazza e, alla fine, costretti a sfilare nell'arena dell'anfiteatro, ordinò che alcuni fossero esposti e messi in vendita, altri trasportati nelle isole più selvagge. E per scoraggiare anche tutti coloro che in avvenire avrebbero osato imitarli, vietò, tra l'altro, di insistere su una medesima questione, invocando più leggi, e di fare Inchieste, dopo un certo numero di anni. sulla condizione sociale di un defunto qualsiasi.

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