La caducità della fortuna (Versione latino Valerio Massimo)

La caducità della fortuna versione latino Valerio Massimo

Ad invidiam usque Polycratis Samiorum tyranni abundantissimis bonis conspicuus vitae fulgor excessit, nec sine causa: omnes enim conatus...

Lo splendore cospicuo per beni molto abbondanti del tiranno di Samo, Policrate si concluse nell’invidia, non senza una ragione:

tutte le sue imprese erano sorprendenti nella vita (letterale: tutti infatti erano sorpresi del suo tentativo nel placido viaggio); le speranze di una situazione desiderata, i voti erano proclamati e allo stesso tempo erano sciolti volere e potere erano posti sullo stesso piano. Solamente una volta il volto mutò, straordinariamente agitato da una breve scabrosità e austerità, quando allora un anello del tutto grato a lui, gettò deliberatamente nell’abisso affinché ogni cosa fosse immune di disgrazia.

Tuttavia quello fu subito recuperato. Avendo catturato un pesce che lo aveva divorato. Ma questo la felicità del quale tenne, sempre un corso fortunato d pieno, il prefetto del re Dario Oronte affisse in croce sull’altissima cima del monte Micale, e le membra putrefatte di quelli e le membra sgocciolanti con sangue in putrefazione e quella (mano)

sinistra, alla quale Nettuno aveva restituito l’anello per mezzo di un pescatore, dalle quali Samo nel debole luogo guardò con occhi liberi e pieni per molto tempo oppressa da una sottomissione amara.

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