Sagacia di Bruto (Versione latino Valerio Massimo)

Sagacia di Bruto Valerio Massimo

Inizio: cum Brutus a rege Tarquinio avunculo suo omnem nobilitatis indolem excerpi interque ceteros etiam fratrem suum, quod vegetioris ingenii erat, interfectum animadverteret, obtunsi se cordis esse simulavit eaque fallacia maximas virtutes suas texit. FINE: Quod tam vafre Telluri inpressum osculum urbi libertatem, Bruto primum in fastis locum tribuit.

Giunio Bruti, notando che da suo zio, il re Tarquinio, veniva eliminata tutta la stirpe appartenente all'aristocrazia e che tra gli altri era stato ucciso anche suo fratello perché era di mente vivace, finse di essere stupido e riuscì a nascondere dietro quella finzione le sue grandissime qualità.

Andando anche a Delfi coi figli di Tarquinio, che egli aveva invitato a rendere onore ad Apollo Pitico con doni e vittime, portò a titolo di offerta al dio dell'oro, chiuso in un bastone cavo internamente, di nascosto a tutti per paura che venerare la divinità con generosità troppo evidente fosse pericoloso.

Quindi, una volta che ebbero portato a termine l'incarico dato loro dal padre, i giovani chiesero ad Apollo chi mai di loro sembrava destinato ad essere re di Roma. Ma quello rispose che il sommo potere sulla nostra città sarebbe andato nelle mani di colui che di fronte a tutti avesse dato un bacio alla madre.

Allora Bruto, caduto come per caso, si gettò a terra a bella posta e baciò la terra, pensando che quella fosse la madre comune a tutti. Questo bacio stampato con tanta sagacia sulla terra conferì alla città la libertà, a Bruto il primo posto nei Fasti (consolari).

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