Solone consola un amico nella sventura (Versione latino Valerio Massimo)

Solone consola un amico nella sventura versione latino Valerio Massimo

Solo neminem, dum adhuc viveret, beatum dici debere arbitrabatur, quod ad ultimum usque fati diem ancipiti fortunae subiecti essemus....

Solone riteneva che nessuno, finché fosse ancora in vita, debba essere detto felice, poiché fino all'ultimo giorno della vita siamo sottoposti alla sorte mutevole.

Dell'umana felicità dunque dà definitiva conferma il rogo, che si oppone all'imperversare dei mali. Lo stesso Solone, vedendo uno dei suoi amici abbandonarsi al dolore, lo condusse sull'acropoli e lo esortò a girare tutt'intorno lo sguardo su tutte le case dei quartieri sottostanti.

Quando vide che l'aveva fatto, disse: "Pensa ora fra te e te quante sventure vi siano state in passato sotto questi tetti e ve ne siano anche oggi e ve ne saranno nei secoli futuri; e smettila di gemere sulle sciagure dei mortali, come se fossero cosa tua". Con queste parole di conforto volle fargli capire che le città sono miserevoli recinti di umane sventure. Diceva anche che, se tutti avessero portato in un sol luogo le loro sventure, sarebbe accaduto che avrebbero preferito riportare a casa le proprie piuttosto che prendere la parte spettante a ciascuno dal comune cumulo di mali.

E cosi' concludeva che non dobbiamo giudicare come una calamità eccezionale e intollerabile quei mali che abbiamo dalla sorte.

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