La distruzione di Cartagine 146.a.c. - Velleio Patercolo versione LEXIS e altra

LA DISTRUZIONE DI CARTAGINE 146 a. c.
Versione latino Velleio Patercolo traduzione libro LEXIS

I Romani fecero la terza guerra contro Cartagine nel seicentoduesimo anno dalla fondazione di Roma e nel cinquantesimo anno dopo la seconda guerra punica.

I consoli Manlio Censorino e Marco Manilio assediarono Cartagine. Contro di loro combatteva Asdrubale, comandante dei Cartaginesi. P. Cornelio Scipione, nipote di Scipione l'Africano, tribuno militare, prestava servizio allora lì. Scipione era potentissimo nelle armi ed espertissimo e aveva già compiuto molte imprese facilmente.

Pertanto i Romani assegnarono a lui il sommo comando, e così Scipione prese e ditrusse Cartagine Scipione restituì alle città della Sicilia e dell'Italia le spoglie e gli ornamenti che Cartagine aveva raccolto durante la distruzione di varie città. Così Cartagine, settecento anni dopo la (sua) fondazione, fu distrutta.

versione da altro libro

Et sub idem tempus, magis quia volebant Romani, quidquid de Carthaginiensibus diceretur credere quam quia credenda adferebantur, statuit senatus Carthaginem exscindere....

Contemporaneamente il Senato decise di annientare Cartagine: più perché i Romani avevano interesse di prestare orecchio a tutte le dicerie che correvano sul conto dei Cartaginesi, che per la credibilità di tali voci.

Fu allora creato console, sebbene fosse solamente candidati all’edilità, Publio Scipione Emiliano, nel quale si rispecchiavano le virtù dell’avo Publio Africano e del padre Lucio Paolo (abbiamo già detto che, nato da Paolo, era stato adottato da Scipione, figlio dell’Africano), l’uomo più eminente della sua generazione per il talento militare e politico come per l’ingegno e la cultura, che in tutta la sua vita nulla fece o disse o pensò che non fosse degno di lode. Egli riprese con maggiore vigore le operazioni contro cartagine, iniziate ormai da due anni dai consoli precedenti. Già prima, in Spagna, era stato decorato con la corona murale, e in Africa con quella ossidionale: in Spagna inoltre aveva ucciso per una sfida, pur possedendo mediocri doti fisiche, un nemico di statura gigantesca.

Cartagine fu da lui distrutta totalmente: la città invisa a Roma più per gelosia di potenza che per colpe commesse in quel tempo, divenne così la testimonianza del valore di lui, come lo era stata della clemenza del suo avo. Cartagine fu distrutta, dopo 672 anni di esistenza, sotto il consolato di Gneo Cornelio Lentulo e di Lucio Mummio, esattamente 173 anni fa. Così scomparve l’emula della potenza romana, contro la quale i nostri antenati avevano cominciato a combattere sotto il consolato di Claudio e Fulvio, 292 anni prima del tuo consolato, o Marco Vinicio.

Quindi per un periodo di 120 anni vi fu tra i due popoli o lo stato di guerra, o la preparazione della guerra, o una pace infida. Roma, vittoriosa ormai su tutto il mondo, riteneva di non poter vivere tranquilla se rimanevano in qualche luogo le tracce dell’esistenza di Cartagine: tanto è persistente, anche di là del timore, l’odio che nasce nei conflitti, e che non dilegua neppure davanti al nemico vinto. L’oggetto dell’odio non cessa di essere tale finché non cessa di esistere.

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