Epitomi XXVIII 4 1 (Versione latino Giustino)

Epitomi XXVIII 4 Autore: Giustino

Post haec bellum Spartanis infert, qui soli Philippi Alexandrique bellis et imperium Macedonum et omnibus metuenda arma contempserant....

Fatto ciò mosse guerra agli Spartani i soli che nelle guerre di Filippo e di Alessandro avessero disprezzato l'impero dei Macedoni e le loro armi formidabili a tutto il mondo.

Guerreggiando fra queste due nobilissime nazioni con sommo sforzo dall'una e dall altra parte poiché gli uni combattevano per difendere l'antica gloria dei Macedoni gli altri per la propria libertà e salvezza. I Lacedemoni essendo stati vinti non gli uomini soltanto ma le stesse loro mogli ed i figliuoli sopportarono con grande animo la loro sventura, Infatti nessuno in battaglia risparmiò la propria vita nessuna pianse il perduto marito i vecchi lodavano i figli cne aveano incontrato la morte ed i figli si rallegravano che i loro padri fossero morti in battaglia dolendosi tutti che a loro pure non fosse toccata la sorte di morire per la libertà della patria. Tutti aprivano a gara le loro case per ricevere i feriti medicandone le piaghe e ristorando pianti di conforto.

In mezzo a tutto questo rumore nessuno spavento per la città e tutti piangevano più la sventura pubblica che la propria. Sopraggiunge in mezzo a questo il re Cleomene tutto bagnato del proprio sangue e di quello dei nemici di cui aveva fatto grande strage ed entrato in città non si pose altrimenti a sedere non dimandò né cibo né bevanda né sgravato del peso dell'armi ma appoggiatosi ad un muro vedendo che solo quattromila combattenti erano avanzati alla battaglia lii esortò a conservarsi a tempi migliori per la repubblica. Quindi in compagnia della moglie ed i figlioli se n andò in Egitto presso il re Tolomeo il quale lo accolse onorevolmente e continuò a colmarlo d onori per tutto il tempo che visse con lui. Ma dopo la morte di Tolomeo il figliuolo di lui il fece trucidare con tutta la sua famiglia Antigono poi avendo totalmente sconfitti gli Spartani compassionando la fortuna di cosi nobile città proibì ai soldati di metterla a sacco e dette il perdono a tutti quelli che erano scampati dicendo che egli aveva avuto guerra non già con gli Spartani ma con Cleomene il quale fuggendo aveva posto fine al suo sdegno né sarebbe meno glorioso per lui se si dicesse che quello stesso il quale solo aveva potuto prendere Sparta l'aveva anche salvata Perdonare là esso dunque al sito della città ed alle case dacché non erano rimasti uomini a cui egli potesse perdonare. Poco appresso mancò anche essa di vita e lasciò il regno al suo figliuolo Filippo giovane di quattordici anni.

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