Marsia (Versione latino Igino)

Marsia versione latino Igino

Minerva, cum tibias ex osse cervino fecisset, venit ad convivium deorum ut eos cantu delectaret....

Minerva, avendo ricavato un flauto da ossa di cervo, si recò al banchetto degli dèi, per dilettarli col (proprio) canto.

Ma quando gonfiava le gote per soffiare nel flauto, Giunone e Venere si prendevano gioco di lei [poiché le fattezze del suo viso apparivano deformate. Ragion per cui, fuggita nella selva dell’Ida, presso una fonte, per sottrarsi alla vista delle denigratrici, avendo notato, nello specchio d’acqua (della fonte), (che) le proprie gote (erano effettivamente) gonfiate (per lo sforzo), gettò il flauto per sfuggire più facilmente alla tentazione di cantare.

Marsia, uno dei Satiri, figlio di Eagro, trovò e raccolse il flauto, per esercitarsi al canto. Così facendo, riusciva a modulare, di giorno in giorno, un suono (sempre) più dolce. Divenuto particolarmente bravo, (Misia) sfidò Apollo a contendere con lui in una gara di canto. Apollo accettò [lett. venne per cantare e invitò le Muse a far da giudici della competizione. Il dio stillò dalla cetra una dolcissima melodia e, riuscito vincitore, per impedire che, immotivatamente, la superbia e l’arroganza dell’avversario crescessero, lo legò ad un albero e mandò a chiamare un tale di Scizia ché lo scuoiasse, un membro dopo l’altro.

Il nero sangue, che uscì a fiotti dal corpo del malcapitato, andò a formare un corso d’acqua, che gli abitanti di quella zona, ad eterna memoria dell’avvenimento, chiamarono “Marsia".

Versione diversa stesso titolo traduzione libro Matrix

Si dice che Minerva fu la prima a costruire un flauto con le ossa di un cervo e si presentò al banchetto degli Dei suonandolo.

Poiché Giunone e Venere la prendevano in giro perché aveva gli occhi cerulei e le gote gonfie, irrisa per la sua musica e per il suo aspetto, la Dea giunse a una fonte nel bosco dell'Ida. Qui si vide riflessa nell'acqua mentre suonava e capi che avevano avuto ragione a schernirla, per cui buttò via il flauto e giurò che chiunque l'avesse raccolto avrebbe subito una terribile punizione.

Uno dei Satiri, il pastore Marsia, figlio di Eagro, lo trovò ed iniziò ad esercitarsi assiduamente con lo strumento, ricavandone giorno dopo giorno suoni più dolci, al punto che sfidò Apollo a gareggiare con lui suonando la lira. Apollo accettò; scelsero le Muse come giudici. Marsia stava vincendo, ma Apollo ribaltò la sua cetra e suonò la stessa musica, cosa che Marsia, con il flauto, non fu in grado di fare. E così Apollo legò Marsia, sconfitto, ad un albero e lo consegnò ad uno Scita, che lo scorticò vivo, membro dopo membro;

poi consegnò ciò che restava del corpo del Satiro al suo discepolo Olimpo per dargli sepoltura; il fiume Marsia prende il nome dal suo sangue

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