Severità di Catone il censore - VERSIONE latino LHOMOND

Vertendi Itinera pag 243 n° 417

Cato quaestor Scipioni Africano in Sicilia obtigit et cum eo parum amice vixit: nam, parsimoniae amans, non probabat sumptus quos Scipio faciebat.

Quare Romam reversus est ibique palam Scipionis vitam reprehendit: dictitabat illum cum pallio et crepidis ambulare solitum esse, palestrae operam dare, militum licentiae indulgere. Eadem asperitate Cato matronarum luxum insectatus est. Nam in medio ardore belli Punici, Oppius, tribunus plebis, legem tulerat qua vetabantur mulieres Romanae plus semuncia auri habere, vestimentis varii coloris uti et vehiculo in Urbe vehi. Confecto bello, matronae pristina ornamenta sibi reddi postulabant, orantes ut lex Oppia abrogaretur.

Quibus acerrime ausus est resistere Cato, sed frustra.

Catone successe come questore in Sicilia a Scipione l'Africano e visse poco amichevolmente con lui, infatti amante del risparmio, non approvava le spese che Scipione faceva.
Perciò ritornò a Roma e lì apertamente criticò il modo di vivere di Scipione: andava dicendo che quello era solito camminare con un mantello e i sandali che dava il suo servizio alla palestra, che assecondava la licenza dei soldati. A causa della stessa severità Catone rimproverò il lusso delle matrone. Infatti in mezzo all'ardore della guerra Punica, Oppio tribuno della plebe, aveva presentato una legge con la quale si proibiva alle donne Romane di avere più di mezza oncia d'oro, di utilizzare abiti di vario colore e di essere trasportate su un carro a Roma.

Conclusa la guerra, le matrone pretendevano che fossero restituiti a loro gli antichi gioielli, supplicando affinché fosse abrogata la legge Oppia. Catone osò opporsi molto aspramente a questi, ma inutilmente.

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