Panegirico di Traiano (Versione latino Plinio il Giovane)

Panegirico di Traiano Plinio il Giovane

Ac ne illud quidem vereor, ne gratus ingratusve videar, prout satis aut parum dixero....

Cedis affectibus nostris, nec nobis munera tua praedicare, sed audire tibi necesse est. Così neppure un’altra cosa pavento:

che io debba passare presso di lui per uomo grato o ingrato secondo che poco o a sufficienza avrò detto di lui. Poiché mi avvedo che gli dèi stessi ancor più si compiacciono della innocenza e purità di chi li adora, che della eleganza delle loro orazioni, e che più gradiscono un’anima pura ed immacolata che non colui che intona nel tempio uno studiato inno.

Ma si deve ubbidire al decreto del Senato, che per il pubblico bene ha stimato che, dalla bocca di un Console sotto il nome di azione di grazie, i buoni Principi si sentissero ricordare i loro fasti, e i cattivi ciò che dovrebbero fare. Il che più importante e più necessario si rende ora in quanto questo nostro padre impedisce e comprime le private lodi, disposto a impedire altresì le pubbliche, se credesse lecito di vietare ciò che il Senato comanda.

Nell’uno e nell’altro caso tu sei nel giusto, o Cesare Augusto; sia che altrove non ti lasci render grazie, sia che qui lo permetta, giacché non fai onore a te stesso, ma a coloro che ti rendono questo onore. Tu cedi al nostro affetto, e non siamo noi obbligati a proclamare i tuoi benefici, ma tu ad ascoltarli.

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