Annibale e Scipione prima della battaglia di Zama

κατὰ δὲ τὴν ἑξῆς ἡμέραν προῆλθον ἀπὸ τῆς ἰδίας παρεμβολῆς ἀμφότεροι μετ' ὀλίγων ἱππέων, κἄπειτα χωρισθέντες ἀπὸ τούτων αὐτοὶ συνῆλθον εἰς τὸ μέσον ἔχοντες ἑρμηνέα μεθ' αὑτῶν....

Nel giorno seguente uscirono dal loro accampamento entrambi con pochi cavalieri, e quindi separandosi da questi vennero a colloquio da soli a mezza strada con un interprete tra loro.

Dopo aver salutato per primo Annibale cominciò a dire che avrebbe voluto che i Romani non avessero mai aspirato a nessun territorio fuori d'Italia né i Cartaginesi a quelli fuori della Libia: entrambi infatti avevano quei loro splendidi domini e, per dirlo con una parola, come se fossero stati in tutto determinati dalla natura.

Dopoché dapprima contendendo per le terre della Sicilia entrammo in guerra tra noi, dopo ciò di nuovo per il dominio della Spagna, infine non ancora ammoniti dalla sorte siamo giunti fino al punto in cui anche voi in passato correste pericolo per il suolo della patria, noi ancora attualmente lo corriamo per la nostra (patria), rimane (per la nostra salvezza) di vedere se in qualche modo possiamo per opera nostra, riuscendo con le nostre preghiere a placare l'ira degli dei, porre termine alla nostra presente contesa.

Io dunque sono pronto perché ho imparato per aver fatto esperienza attraverso queste vicende che la sorte è incostante e per un fattore di scarsa importanza produce sull'una e l'altra parte effetti di grande importanza, trattandoci come se fossimo bambini.

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