Una volta alcune cerve bevevano in un fossato; ad un tratto vedono nell’acqua una formica. La povera formica si dibatteva furiosamente, ma l’acqua sommergeva l’inesperta bestiola.
Perciò la formica in grandi angustie spargeva molte lacrime ed implorava misericordia. Ma le cerve restavano immobili e con grande alterigia le bestiole non davano ascolto ai lamenti e alle lacrime. Soltanto una benevola cerva offre una sua unghia alla formica; allora la bestiola la afferra (insĭlĭo, is, sĭlŭi, sultum, īre) ed evita l’acqua perigliosa. La formica, salva e lieta, porge i ringraziamenti alla buona cerva e si rifugia tra le erbe della sponda, ma tiene in mente memoria della bontà della cerva. Dopo poche ore un contadino vede la cerva nella selva: desidera uccidere la bestia selvatica e prepara la freccia. Ma all’istante la formica, grata verso la cerva, morde con estrema violenza la pianta del piede del contadino. Allora il contadino urla con improvvisa ed inaspettata violenza e perde di mano la freccia. E così la cerva schiva il contadino e, per sua buona fortuna, fugge via lieta.