Ubi in Africam veni, quartae legionis tribunus militum, maxime mihi cordi fuit Masinissam convenire regem, qui erat familiae nostrae iustis de causis amicissimus. Ad quem ut veni, complexus me senex, conlacrimavit aliquantoque post suspexit ad caelum et: «Gratias – inquit – tibi ago, summe Sol, vobisque, reliqui caelites, quod, antequam ex hac vita migro, conspicio in meo regno Publium Cornelium Scipionem, cuius ego nomine ipso recreor. Nam numquam discedit ex animo meo illius optimi atque invictissimi viri memoria». Postquam haec dixit, ego illum de suo regno, ille me de nostra re publica percontatus est, multisque ultra citroque verbis habitis, ille nobis consumptus est dies. Post autem, apparatu regio accepti, sermonem in multam noctem produximus, dum senex nisi de Africano loquitur omniaque eius non facta solum sed etiam dicta commemorat.
Quando arrivai in Africa, come tribuno dei soldati della quarta legione, mi sembrò giusto incontrare il re Massinissa, che era per giuste ragioni molto amico della mia famiglia. Quando arrivai da lui, il vecchio, abbracciatomi, pianse e poco dopo levò lo sguardo al cielo, e disse: «Ringrazio te, o sommo Sole, e voi altri dèi celesti, che, perchè prima che mi diparta da questa vita, vedo nel mio regno Publio Cornelio Scipione, dal cui stesso nome sono rianimato. Giammai, infatti, si allontanò dal mio animo la memoria di quel magnifico ed invincibile uomo». Dopo che disse questo, io lo interrogai sul suo regno, ed egli mi interrogò sulla nostra repubblica, e scambiati vicendevolmente molti discorsi, quel giorno per noi terminò. Ancora in seguito, accolti con splendore regale, continuammo il discorso fino a notte inoltrata, mentre il vecchio non parla se non dell'Africano e ricorda di lui non solo le cose fatte ma anche quelle dette.
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