Seneca quid de philosophia senserit ex eius libris, praecipue ex epistulis quas Lucilio scripsit, iudicare possumus. Putat enim philosophiae partes esse duas, quarum altera homines docet quid in terris agendum sit, altera quid agatur in caelo. Etenim qui philosophiae attente student errores suos discutiunt, caliginem vitae excedunt et ex tenebris eo perveniunt, unde lux hominum mentibus lucescit. Cum ergo secretiora philosophiae intravit, homo discit quae universi materia sit; quis auctor aut custos eius fuerit; quid sit deus, totusne in se tendat an etiam ad nos aliquando respiciat; faciat ille cotidie aliquid an semel omnia creaverit; utrum ille pars sit mundi an mundus ipse.De providentia quoque disputant philosophi: utrum deus mundo et hominibus provideat an beatam aetatem et securam, penitus a mortalibus seclusam, degat, omniaque in universo caeco casu fiant an voluntate divina vel mente quadam intelligenti et ratione praedita regantur.
Seneca avrà appreso sulla filosofia ciò che dai suoi libri, specialmente dalle lettere che scrisse a Lucilio, possiamo giudicare. Reputa infatti che le parti della filosofia sono due, delle quali l’una insegna agli uomini ciò che accade nella terra per vivere, l’altra ciò che viene fatto nel cielo. E infatti coloro che si applicano attentamente alla filosofia discutono i suoi errori, oltrepassano la nebbia della vita e dalle tenebre giungono là, da dove la luce degli uomini comincia a risplendere. Quando perciò ha penetrato le cose più nascoste della filosofia. I filosofi dibattono anche sulla provvidenza: se un dio si prenda cura del mondo e degli uomini oppure trascorra una età felice e priva di affanni, totalmente separata dai mortali, e tutte le cose nell'universo accadano per cieca casualità oppure siano rette da una volontà divina o da una mente intelligente e fornita di ragione.