Omero ODISSEA XXI versi 393-394 vendetta di odisseo XXII

Messaggioda 4ever » 16 mar 2010, 14:37

Ciao. mi servirebbe la traduzione da testo greco di omero dell'odissea XXI i versi 393-434, e XXII i versi 1-8. questa parte si chiama "vendetta di odisseo".
grazie mille!! =)

4ever

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Messaggioda giada » 16 mar 2010, 14:49

Ma Palla, occhio azzurrino, alla prudente
Figlia d'Icario entro lo spirto mise
Di propor l'arco ai proci e i ferrei anelli,
Nella casa d'Ulisse: acerbo gioco,
E di strage principio e di vendetta. 5
La donna salse alla magion più alta,
E dell'abil sua man la bella e ad arte
Curvata chiave di metallo prese
Pel manubrio di candido elefante.
Ciò fatto, andò con le fedeli ancelle 10
Nella stanza più interna, ove i tesori
Serbavansi del re: rame, oro e ferro
Ben travagliato. E qui giacea pur l'arco
Ritorto e il sagittifero turcasso,
Che molte dentro a sé frecce chiudea 15
Dolorifere: doni, che ad Ulisse,
Cui s'abbatté nella Laconia un giorno,
Feo l'Eurìtide Ifìto, ai numi eguale.


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E così a lui Penelope rispose:
"Eurimaco, non lice un nome illustre
Tra i popoli agognare a chi d'egregio 395
Signor la casa dal suo fondo schianta.
Perché tinger voi stessi il nome vostro
D'infamia? È lo stranier di gran sembiante,
Ben complesso di membra, e generosa
La stirpe vanta, e non vulgare il padre; 400
Dategli il risplendente arco, e veggiamo.
Se il tende, e gloria gli concede Apollo,
Prometto, e non invan, tunica bella
Vestirgli e bella clamide, ed in oltre
Un brando a doppio taglio, e un dardo acuto 405
Mettergli in mano, e sotto ai piè calzari;
E là invïarlo, dove il suo cor mira.

"Madre", disse Telemaco, "a me solo
Sta in mano il dare, o no, quell'arco, io credo:
Né ha in lui ragione degli Achivi alcuno, 410
Che son nell'alpestra Itaca signori,
O nell'isole prossime alla verde
Elide, chiara di cavalli altrice.
E quando farne ancor dono io volessi
Al forestier, chi 'nvidïar mel puote? 415
Ma tu rïentra; ed al telaio e al fuso,
Come pur suoli, con le ancelle attendi.
Cura sarà degli uomini quell'arma,
E più che d'altri, mia: ché del palagio
Il governo in me sol, madre risiede". 420

Attonita rimase, e del figliuolo
Con la parola, che nell'alma entrolle,
Risalì in alto tra le fide ancelle.
Quivi, aprendo alle lagrime le porte:
Ulisse Ulisse a nome iva chiamando: 425
Finché un dolce di tanti e tanti affanni
Sopitor sonno le mandò Minerva.

L'arco Eumèo tolse intanto; e già il portava,
E i proci tutti nel garrìano, e alcuno
Così dicea de' giovani orgogliosi: 430
"Dove il grand'arco porti, o dissennato
Porcaio sozzo? Appo le troie in breve
Te mangeran fuor d'ogni umano aiuto
Gli stessi cani di tua man nutriti,
Se Apollo è a noi propizio e gli altri numi". 435

giada

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