Sgomento e dolore dei Romani accerchiati alle Forche Caudine

Messaggioda hatenko92 » 14 apr 2010, 14:17

Mi servirebbe una versione di latino di Livio (pag. 113 .34 di Croce e delizia)

INIZIO: "Redintegravit luctum in castris consulum adventus, ut vix ab iis..."
FINE: " exire iussi; et primi traditi obsides atque in custodiam abducti."

GRAZIE IN ANTICIPO okbenfatto

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Messaggioda giada » 14 apr 2010, 14:29

manca il titolo

giada

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Messaggioda hatenko92 » 14 apr 2010, 14:33

Sgomento e dolore dei Romani accerchiati alle Forche Caudine

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Messaggioda giada » 14 apr 2010, 14:56

Redintegrauit luctum in castris consulum aduentus, ut uix ab iis abstinerent manus, quorum temeritate in eum locum deducti essent, quorum ignauia foedius inde quam uenissent abituri: illis non ducem locorum, non exploratorem fuisse; beluarum modo caecos in foueam missos. Alii alios intueri; contemplari arma mox tradenda et inermes futuras dextras obnoxiaque corpora hosti; proponere sibimet ipsi ante oculos iugum hostile et ludibria uictoris et uoltus superbos et per armatos inermium iter, inde foedi agminis miserabilem uiam per sociorum urbes, reditum in patriam ad parentes, quo saepe ipsi maioresque eorum triumphantes uenissent: se solos sine uolnere, sine ferro, sine acie uictos; sibi non stringere licuisse gladios, non manum cum hoste conferre; sibi nequiquam arma, nequiquam uires, nequiquam animos datos. Haec frementibus hora fatalis ignominiae aduenit, omnia tristiora experiundo factura quam quae praeceperant animis. Iam primum cum singulis uestimentis inermes extra uallum exire iussi; et primi traditi obsides atque in custodiam abducti. .

Il rientro dei consoli rinnovò il dolore all'interno del-l'accampamento, e i soldati si trattennero a stento dallo scagliarsi addosso a quanti, per la loro imprudenza, li avevano trascinati in quel luogo: per la cui ignavia erano adesso costretti a uscirne in maniera ancora più infamante di come vi erano entrati; non erano ricorsi a una guida pratica della zona, né avevano effettuato ricognizioni, lasciandosi spingere alla cieca dentro una fossa come tante bestie selvatiche. Si guardavano gli uni con gli altri, osservavano le armi che presto avrebbero dovuto consegnare, le mani destinate a essere disarmate, i corpi soggetti alla volontà del nemico: avevano già di fronte agli occhi il giogo nemico, la derisione, gli sguardi arroganti dei vincitori, il passaggio senza armi in mezzo a uomini armati e ancora la mesta marcia dell'esercito disonorato attraverso le città alleate, il ritorno dai genitori in patria, là dove spesso essi stessi e i loro antenati erano rientrati in trionfo. Solo loro erano stati sconfitti senza subire ferite, senza armi, senza combattere; a loro non era stato concesso né di sguainare le spade né di scontrarsi in battaglia col nemico; a loro era stato infuso invano il coraggio. Mentre mormoravano queste cose, arrivò l'ora fatale dell'ignominia, destinata a rendere tutto, alla prova dei fatti, ancora più doloroso di quanto non avessero immaginato. In un primo tempo ricevettero disposizione di uscire dalla trincea senza armi, con addosso un'unica veste. I primi a essere consegnati e incarcerati furono gli ostaggi

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