
In potestate itaque sunt servi dominorum. Quae quidem potestas iuris gentium est (nam apud omnes peraeque gentes animadvertere pòssumus dominis in servos vitae necisque potestatem esse) et quodcumque per servum adquiritur, id domino adquiritur. Sed hoc tempore neque civibus Romanis nec ullis aliis hominibus qui sub imperio populi Romani sunt, licet supra modum et sine causa in servos suos saevire: nam, ex constitutione imperatoris Antonini, qui sine causa servum suum occìderit non minus teneri iubetur quam qui alienum servum occìderit. Sed et maior quoque asperitas dominorum per eiusdem principis constitutionem coercetur; nam, consultus a quibusdam presidibus provinciarum de his servis qui ad fana deorum vel ad statuas principum confugiunt, praecèpit ut, si intolerabilis videatur dominorum saevitia, cogantur servos suos vendere.
Dunque gli schiavi sono proprietà dei loro padroni. E proprio questo diritto è contemplato dal diritto delle genti (infatti presso tutti i popoli si può vedere che i padroni hanno sugli schiavi diritto di vita e di morte) e qualsiasi bene venga acquistato dallo schiavo è acquisito dal padrone. Però in questi tempi, né ai cittadini romani né ad alcun altro individuo che sia sotto l’impero del popolo romano è lecito incrudelire oltre misura e senza causa sui propri servi; infatti, in base ad una costituzione dell’imperatore Antonino, chi ucciderà un suo schiavo senza motivo, si prescrive che sia tenuto a sanzioni non meno di chi abbia ucciso un servo altrui. Ma anche l'eccessiva crudeltà dei padroni viene repressa dalla costituzione dello stesso imperatore: infatti, consultato da alcuni prefetti delle province in merito a quegli schiavi che si rifugiano nei sacelli o presso le statue degli imperatori, ha prescritto che, se la crudeltà dei padroni è intollerabile, vengano costretti a vendere i loro servi.