versione latino : Plutarco e il servo filosofo

Messaggioda mauroM412 » 30 set 2010, 14:53

è dal libro comprendere e tradurre v. n. 262 pag 223 ...grazie in anticipo ciao !!!

mauroM412

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Messaggioda giada » 30 set 2010, 15:38

NON DI MENTICARE MAI DI METTERE INIZIO E FINE IN LATINO

giada

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Messaggioda mauroM412 » 30 set 2010, 16:01

Plutarchus narratur habuisse servum nequam et contumacem, sed libris philosophicis imbutum.................<<interim -inquit-dum ego atque iste disputamus,tu, quod iussus es, perage>>

mauroM412

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Messaggioda giada » 30 set 2010, 16:41

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passo originale di Gellio

Plutarchus, inquit, servo suo, nequam homini et contumaci, sed libris disputationibusque philosophiae aures imbutas habenti, tunicam detrahi ob nescio quod delictum caedique eum loro iussit. Coeperat verberari et obloquebatur non meruisse, ut vapulet; nihil mali, nihil sceleris admisisse. Postremo vociferari inter vapulandum incipit neque iam querimonias aut gemitus eiulatusque facere, sed verba seria et obiurgatoria: non ita esse Plutarchum, ut philosophum deceret; irasci turpe esse; saepe eum de malo irae dissertavisse, librum quoque De ira pulcherrimum conscripsisse; his omnibus, quae in eo libro scripta sint, nequaquam convenire, quod provolutus effususque in iram plurimis se plagis multaret. Tum Plutarchus lente et lemter: "Quid autem, inquit, verbero, nunc ego tibi irasci videor? Ex vultune meo an ex voce an ex colore an etiam ex verbis correptum esse me ira intellegis? Mihi quidem neque oculi, opinor, truces sunt neque os turbidum, neque immaniter clamo neque in spumam ruboremve effervesco neque pudenda dico aut paenitenda neque omnino trepido ira et gestio. Haec enim omnia, si ignoras, signa esse irarum solent". Et simul ad eum, qui caedebat, conversus: "Interini, inquit, dum ego atque hic disputamus, tu hoc age"



Plutarco , disse , ad un suo servo, uomo disonesto e arrogante, ma che aveva le orecchie imbevute di testi e discussioni di filosofia, ordinò che fosse tolta di dosso la tunica per non so quale colpa e che fosse frustato. Aveva cominciato appunto ad essere frustato e protestava di non essersi meritato di essere battuto, dicendo che non aveva fatto niente di male, nessun delitto. Alla fine, mentre veniva battuto, si mise a gridare, ma non più ad emettere lamenti o gemiti e ululati, ma a dire parole severe e di rimprovero: diceva cioè che Plutarco non agiva così come conveniva ad un filosofo, che adirarsi era vergognoso, che lui più volte aveva discusso sui danni dell’ira, che aveva persino scritto un libro bellissimo sul dominio dell’ira; a tutto quello che risultava scritto in quel libro non si addiceva affatto che lui lo punisse con botte a non finire lasciandosi trascinare dall’ira. Allora Plutarco, con tranquillità e calma ribatté: "Che, furfante? Ti pare che adesso io sia in preda all’ira? Lo deduci forse dalla mia espressione del volto o dal tono della voce o dal colorito o anche dalle parole? Non ho davvero, credo, gli occhi cupi né l’espressione torva né grido in modo disumano né ribollo sbavando o infiammandomi e non dico cose di cui ci si debba vergognare o pentire e neppure per effetto dell’ira fremo né gesticolo. Se tu non lo sai, sono tutti questi di solito i segni dell’ira". E nello stesso tempo rivolto a colui che lo frustava disse: “Tu nel frattempo, mentre io e lui stiamo a discutere, fa’ quello che devi fare».



inizio della tua versione



Plutarchus narratur habuisse servum nequam et contumacem, sed libris philosophicis imbutum. OIim Plutarchus hunc propter Ievem culpam caedi iussit. In mediis verberibus servus obloquebatur se id non meruisse cum nihil sceleris admisisse videretur. Postremo vociferari incipit neque iam querimonias aut gemitus aut eiulatus facere, sed verba seria et obiurgatoria: «Tu, domine, philosophus existimari cupis, sed irasci turpe esse videtur philosopho. Tu saepe de malo irae dissertavisti, librumque de moderatione irae scripsisti, sed nequaquam his omnibus quae in libro scripta sunt convenire videris. Nam, in iram provolutus, multis plagis me multas ». Si narra che Plutarco abbia avuto un servo e non istruito ma dotto di libri di filosofia. Una volta Plutarco ordinò che questo fosse ucciso per una lieve colpa. Nelle frustate il servo diceva che lui non meritava questo non sembrandogli di aver compiuto alcun delitto. Alla fine iniziò a vocifere e a non fare alcun grido, gemito o questione, ma parole serie e che rimproveravano: tu, signore, desideri considerare il filosofo, ma arrabbiarsi sembra turpe al filosofo. Tu spesso hai parlato del male dell'ira, e ha scritto un libro sulla moderazione dell'ira, ma mai sembri mai adattarti a queste cose che hai scritto.

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