Evoluzione dello stato romano. (Sallustio) LECTIOR BREVIOR

Messaggioda Thonio » 15 mag 2011, 9:39

Mi servirebbe la versione di latino "Evoluzione dello stato romano".
L'autore è Sallustio.
Tratta dal libro Lectio Brevior, pagina 155 numero 118.
Inizio: "Postquam res Romana, civibus moribus agris aucta,..."
Fine: "...eo modo minume posse putabant per licentiam insolescere animum humanum."
Grazie in anticipo! :D

Thonio

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Messaggioda Lola88 » 28 nov 2011, 14:33

Servirebbe anche a me questa versione!
Grazie in anticipo ^^

Lola88

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Messaggioda giada » 28 nov 2011, 17:48

[quote="Thonio"]Mi servirebbe la versione di latino "Evoluzione dello stato romano".
L'autore è Sallustio.
Tratta dal libro Lectio Brevior, pagina 155 numero 118.
Inizio: "Postquam res Romana, civibus moribus agris aucta,..."
Fine: "...eo modo minume posse putabant per licentiam insolescere animum humanum."
Grazie in anticipo! :D



Postquam res Romana civibus, moribus, agris aucta, satis prospera satisque pollens videbatur, sicuti pleraque mortalium habentur, invidia ex opulentia orta est. Igitur reges populique finitumi bello temptare, pauci ex amicis auxilio esse; nam ceteri metu perculsi a periculis aberant. At Romani domi militiaeque intenti festinare, parare, alius alium hortari, hostibus obviam ire, libertatem, patriam, parentisque armis tegere. Post, ubi pericula virtute propulerant, sociis atque amicis auxilia portabant, magisque dandis quam accipiundis beneficiis amicitias parabant. Imperium legitumum, nomen imperi regium habebant. Delecti, quibus corpus annis infirmum, ingenium sapientia validum erat, rei publicae consultabant; ii vel aetate vel curae similitudine patres appellabantur. Post, ubi regium imperium, quod initio conservandae libertatis atque augendae rei publicae fuerat, in superbiam dominationemque se convortit, immutato more annua imperia binosque imperatores sibi fecere; eo modo minume posse putabant per licentiam insolescere animum humanum.


Dopo che lo Stato si accrebbe di cittadini, di costmni, di terre, e apparve prospero e vigoroso, allora, come per Io più accade nelle cose umane, dalla ricchezza sorse l'invidia. Allora re e popoli vicini sperimentarono la guerra: pochi degli amici portarono aiuto; gli altri atterriti si tenevano lontano dai pericoli. Ma i Romani, sempre attivi in pace e in guerra, sempre in moto, sempre pronti, si esortarono a vicenda, affrontarono il nemico, con le armi difesero la libertà, la patria, la famiglia. Poi, respinto con il valore il pericolo, portavano aiuto ad alleati e ad amici, e con l'accordare, più che con il ricevere benefici, si guadagnavano le amicizie. Avevano un governo legittimo, il càpo aveva titolo di re. A vantaggio dello Stato consultavano uomini scelti, di cui il vigore fisico era indebolito dagli anni, ma l'ingegno valido per la saggezza: questi, per età e somiglianza di ufficio, erano chiamati «padri». Poi, quando il potere regio, sorto in principio per conservare la libertà e ingrandire lo Stato, degenerò in una superba tirannide, mutarono sistema di governo, si diedero due capi che avessero potere annuale: in tal modo pensavano che l'animo umano non potesse più insolentire senza freni.

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