La rivolta dei Morini. Ces.

Messaggioda stuurm » 30 giu 2011, 21:09

Morini, quos Cesar, in Britanniam discedens, pacatos reliquerat, nostros milites, ut praedam facerent, circumsteterunt atque arma deponere iusserunt. Cum illi sese defenderent et magnum clamorem ederent, Cesar omnem ex castris equitatum eduxit ut suos iuvaret. Interim nostri milites impetus sustinuerunt hostium, qui magno numero illuc convenerant amplius VI horas fortissime pugnaverunt. Posteaquam vero equitatus noster in conspectum venit, hostes, cum arma abiecissent, terga verterunt: quorum tamen magnum numerum Romani occiderunt.

I Morini, che Cesare andando in Britannia, aveva lasciato tranquilli, circondarono i nostri soldati e ordinarono di deporre le armi per fare bottino. Poiché quelli si difesero ed emisero un grande clamore, Cesare condusse tutta la cavalleria dagli accampamenti per aiutare i suoi. Intanto i nostri soldati, sostennero l’assalto dei nemici, che erano giunti lì in gran numero per più di sei ore combatterono molto valorosamente. Dopo che la nostra cavalleria venne al cospetto, i nemici, avendo gettato le armi, volsero le spalle: tuttavia i Romani uccisero un gran numero di quelli.

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Messaggioda stuurm » 1 lug 2011, 16:16

La vita e i costumi dei Parti. Giustino
Administratio gentis apud Parthos sub regibus est, sed duces in bello et rectores in pace ex excellentissimis inter primores deliguntur. Sermo Parthorum inter Scythicum et Medicum medius est, ex utrisque mixtus. Armorum mos simillimus Scythico est. Exercitum non liberorum sed maximam partem servitiorum habent, quorum vulgus in dies maius fit. Os maxima cura equitare et sagittare docent locupletissimus ut quisque est, ita plurimos equites ad bella regi suo praebet. Cominus in acie proeliari aut obsessas urbes expuniare nesciunt. Pugnant ex procurentibus equis: saepe etiam fugam simulant quo incautiores insequentes reddant. Signum in proelio non tuba sed tympano datur. Nec puniare diu possunt: nam quo maior vis primi impetus, eo minor perseverantia est. Plerumque in ipso ardore certaminis proelia deserunt et non multo postea pugnam ex fuga repetunt ut, cum maxime te vicisse putes, tunc novum discrimen tibi subeundum sit. Munimentum corporis loricae plumatae sunt, quae equum et equitem simul tegunt.
Il governo della nazione presso i Parti è sotto I re, ma si scelgono i duci in guerra e i governatori in pace dai più eccellenti tra i più nobili. Il modo di parlare dei Parti è a metà tra gli Sciti ed i Medi, misto da entrambi i popoli. L’uso delle armi è molto simile a quello Scito. Hanno un esercito non di uomini liberi ma per grandissima parte di schiavi la massa dei quali si forma nel tempo più critico. L’aspetto molto autorevole con massima cura insegnano a cavalcare e tirare con l’arco come ciascuno è che offre per le guerre al proprio re parecchi cavalieri. Combattono in battaglia a corpo a corpo o non sono in capaci di espugnare le città assediate. Combattono dai cavalli mentre sono lanciati all’assalto: spesso anche simulano la fuga per rendere più imprudenti quelli che li inseguono. Viene dato il segno in battaglia non con la tromba ma col timpano. Non sono in grado di combattere a lungo: infatti tanto più è la forza del primo assalto tanto meno la persistenza. La maggior parte nello stesso ardore della lotta abbandonano le battaglie e non molto dopo dalla fuga ritornano allo scontro che quando pensi soprattutto di aver vinto allora devi affrontare un nuovo pericolo. Corazze a scaglie metalliche sono la difesa del corpo, le quali proteggo il cavallo ed il cavaliere.

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Messaggioda stuurm » 1 lug 2011, 19:00

Ho trovato il testo originale in Latino e quindi ritocco la traduzione ed inserisco il testo originale.

Administratio gentis apud Parthos sub regibus est, sed duces in bello et rectores in pace ex excellentissimis inter primores deliguntur. Sermo Parthorum inter Scythicum et Medicum medius est, ex utrisque mixtus. Armorum mos simillimus Scythico est. Exercitum non liberorum sed maximam partem servitiorum habent, quorum vulgus in dies maius fit. Hos maxima cura equitare et sagittare docent. Locupletissimus ut quisque est, ita plurimos equites ad bella regi suo praebet. Cominus in acie proeliari aut obsessas urbes expuniare nesciunt. Pugnant ex procurentibus equis: saepe etiam fugam simulant quo incautiores insequentes reddant. Signum in proelio non tuba sed tympano datur. Nec puniare diu possunt: nam quo maior vis primi impetus, eo minor perseverantia est. Plerumque in ipso ardore certaminis proelia deserunt et non multo postea pugnam ex fuga repetunt ut, cum maxime te vicisse putes, tunc novum discrimen tibi subeundum sit. Munimentum corporis loricae plumatae sunt, quae equum et equitem simul tegunt.

Il governo della nazione presso i Parti è sotto I re, ma si scelgono i duci in guerra e i governatori in pace dai più eccellenti tra i più nobili. Il modo di parlare dei Parti è a metà tra gli Sciti ed i Medi, misto da entrambi i popoli. L’uso delle armi è molto simile a quello Scito. Hanno un esercito non di uomini liberi ma per grandissima parte di schiavi la massa dei quali si forma nel tempo più critico. Con massima cura insegnano loro a cavalcare e tirare con l’arco. Tanto che chi è molto ricco offre per le guerre al proprio re parecchi cavalieri. Combattono in battaglia a corpo a corpo o non sono in capaci di espugnare le città assediate. Combattono dai cavalli mentre sono lanciati all’assalto: spesso anche simulano la fuga per rendere più imprudenti quelli che li inseguono. Viene dato il segno in battaglia non con la tromba ma col timpano. Non sono in grado di combattere a lungo: infatti tanto più è la forza del primo assalto tanto meno la persistenza. La maggior parte nello stesso ardore della lotta abbandonano le battaglie e non molto dopo dalla fuga ritornano allo scontro che quando pensi soprattutto di aver vinto allora devi affrontare un nuovo pericolo. Corazze a scaglie metalliche sono la difesa del corpo, le quali proteggono il cavallo ed il cavaliere.

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Messaggioda stuurm » 1 lug 2011, 19:57

Le attività militari di Filippo. L'assedio di Abido (I) Liv

Philippus, Macedonum rex, multos pedites equitesque praefecto tradidit ut Atheniensium agros vastaret, classem Heraclidi ut Maroneam peteret. Rex terra cum expeditis peditibus multisque equitibus pergit. Et Maroneam quidem primo impetu expugnavit; Aenum inde cum magno labore, postremo per proditionem Callimedis, praefecti Ptolomaei, cepit. Deinceps alia castella occupavit. Inde Abydum, urbem in Chersoneso sitam, pervenit. Abydeni regi portas clauserunt et urbis oppugnatio diu Philippum tenuit. Attalus, Asiae rex, paucos milites in praesidium, Rhodii quadriremem unam ex classe miserunt. Abydeni primo tormenta per muros disposuerunt, postea muri pars strata ruinis, sed postremo legatos ad regem miserunt. Legati Philippum convenerunt ut de pacis condicionibus agerent.

Filippo, re dei Macedoni, mandò col comandante molti fanti e cavalieri per devastare i campi degli Ateniesi, la flotta con Eraclide per dirigersi a Maronea. Il re si avvia per terra con la fanteria leggera e con molti cavalieri. Dapprima certamente con un assalto espugnò Maronea; poi con grande fatica, infine per il tradimento di Callimade, comandante di Tolomeo, conquistò Eno. Inseguito occupò altre roccaforti. Quindi giunse ad Abido, città sita nel Chersoneso. Gli Abdeni chiusero le porte al re e l’assedio della città trattenne a lungo Filippo. Attalo, re dell’Asia, pochi soldati in aiuto, i Rodiesi mandarono una quadriremi dalla flotta. Gli Abdeni dapprima disposero le macchine da lancio per i muri, poi una parte del muro fu abbattuta per i crolli, ma alla fine mandarono gli ambasciatori al re. Gli ambasciatori incontrarono Filippo per discutere sulle condizioni della pace.

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