è questa?
SO. Che, accidenti, non sono io Sosia il
servo di Anfitrione? Non è forse giunta
questa notte * dal porto Persiano la nostra
nave, che mi ha portato? Non mi ha mandato
qui il mio padrone? Non sto io ora in piedi di
fronte a casa nostra? Non ho una lanterna in
mano? Non sto parlando? Non sono sveglio?
Non mi ha ammaccato a pugni quest’uomo
poco fa? Per Ercole, l’ha fatto: infatti a me,
disgraziato, fanno male ancora le mascelle.
Ma perché non entro dentro, in casa nostra?
ME. Come, casa vostra?
SO. Proprio così.
ME. Anzi, tutto ciò che hai detto or ora, te lo
sei inventato: Certo sono io Sosia, il servo di
Anfitrione. Infatti questa notte è partita una
nostra nave dal porto Persiano, e abbiamo
espugnato la città dove regnava il re
Pterelao, e abbiamo catturato le legioni dei
Teleboi combattendo duramente, e Anfitrione
con le sue stesse mani ha ucciso in battaglia
il re Pterelao.
SO. Io non credo a me stesso, quando lo sento
affermare quelle cose lì; questo senz’altro
ricorda con ricordo perfetto le imprese che
sono state compiute lì. Ma che dici? Che dono
è stato dato ad Anfitrione dai Teleboi?
ME. La coppa d’oro con la quale era solito
bere il re Pterelao.
SO. Lo ha detto: e ora dov’è la coppa?
ME. È nel cofanetto, sigillato con il sigillo di
Anfitrione.
SO. Che tipo di sigillo è?
ME. Il sole che sorge con la quadriga: perché
cerchi di cogliermi in fallo, boia?
SO. Ha vinto con le prove: devo cercarmi un
altro nome. Non so da dove questi abbia visto
tutto questo. Ora io lo frego per bene, infatti
ciò che io ho fatto da solo – e non c’era presente
nessun altro, nella tenda – proprio questo
oggi non potrà mai dirlo. Se tu sei Sosia,
quando le legioni combattevano con più accanimento,
che cosa hai fatto nella tenda? Mi
do per vinto, se lo dirai.
ME. C’era un orcio di vino: da lì ne ho riempito
una bottiglia.
SO. È sulla strada giusta.
ME. Quella bottiglia, io, l’ho bevuta fino in
fondo di vino puro, come era nato da sua madre.
SO. È successo così, che io lì mi sono bevuto
fino in fondo una bottiglia di vino puro. È un
miracolo, a meno che non fosse nascosto dentro
lì, in quella bottiglia.
ME. E allora? Ti ho convinto con le prove,
che tu non sei Sosia?
SO. Tu dici che io non lo sono?
ME. E perché non dovrei negarlo, dal momento
che lo sono io?
SO. Su Giove giuro che lo sono io, e che non
dico il falso.
ME. Ma io giuro su Mercurio, che Giove non
ti crede, infatti so che crede di più a me senza
giuramento, che a te, che giuri.
SO. Chi sono io, almeno, se non sono Sosia.
Te lo chiedo.
ME. Quando io non volessi più esser Sosia, tu
sii pure Sosia; ora, dal momento che lo sono
io, le prenderai, se non te ne vai via di qui,
sconosciuto.
SO. Certo, per Polluce, quando lo guardo e riconosco
il mio aspetto, come sono io (spesso
mi sono guardato allo speccio), è molto simile
a me, allo stesso modo ha il cappello e il
vestito: è tanto simile a me, quanto lo sono
io; gamba, piede, statura, capelli, occhi, naso
o labbra, guance, mento, barba, collo: tutto.
Che bisogno c’è di altre parole? Se ha la
schiena piena di cicatrici, non c’è alcuna cosa
simile che somigli più di questa. Ma quando
penso, certo sono lo stesso che sono sempre
stato. Conosco il padrone, conosco casa nostra,
certo ho testa e sensi sani.
Non do retta a quello che dice: busserò alla
porta.
ME. Dove te ne vai?
SO. A casa.
ME. Se ora tu salissi sulla quadriga di Giove e
fuggissi di qui, anche così a stento potresti
sfuggire una disgrazia.
SO. Non mi è concesso di riferire alla mia
padrona ciò che il mio padrone mi ha ordinato?
ME. Alla tua padrona, se vuoi riferirle qualcosa
(ti è concesso): a questa nostra, non ti lascerò
avvicinare. Infatti se mi farai arrabbiare, oggi
porterai via di qua un lombifragio
SO. Me ne vado, piuttosto. Dei immortali,
invoco il vostro aiuto, dove mi sono perduto?
Dove mi sono trasformato? Dove ho perduto il
mio aspetto? O mi sono lasciato laggiù, se per
caso mi sono dimenticato? Infatti costui possiede
tutta la mia immagine, che prima era mio.
A me vivo accade ciò che nessuno mi farà mai
da morto. Andrò al porto e dirò al mio padrone
queste cose, come sono andate: a meno che anche
lui non mi riconosca più. Che Giove lassù
faccia questo: che io, calvo, a testa rasata, oggi
prenda il pileo.