da lola95 » 29 nov 2011, 14:51
Quid dicam de discrimine in quod immerito incidimus? in eo nullum auxilium invenimus. iustum fuit eos, qui nobis amicos se professi erant, nobis subvenire, vel minus (almeno) viam, quae sequenda esse videbatur, indicare; at, sive pudor eos detinebat sive metus terrebat, nemo nobis adiumento vel solacio fuit. quid autem nos faceremus? num soli potuimus tam difficilem rem gerere? fuerit rerum status difficillimus et periculis plenus, fuerit sua cuique salus servanda, non tamen omnino neglegendum fuit amicitiae vel proprinquitatis officium. poterant nobis subvenire, nec subvenerunt, poterant minis nostrorum adversariorum obsistere, neque obstiterunt. sed ne amplius de hac re dicatur. hoc unum meminerimus: ne fidem praebeamus verbis eorum, qui amicitiam pollicentur, neve hominibus fallacibus confidamus.
testo latino aggiunto da Giada
Cosa dovrei dire riguardo al pericolo nel quale sono capitato ingiustamente? in questo non ho trovato nessun aiuto. Sarebbe stato giusto che, coloro che mi si erano dichiarati amici, mi fossero venuti in aiuto, o almeno mi avessero indicato la via, che sembrava opportuno seguire; ma sia che la vergogna li trattenesse, sia che la paura li spaventasse, nessuno mi fu d'aiuto o di conforto. Cosa dunque avrei dovuto fare? Avrei potuto forse gestire da solo una situazione tanto difficile? Supponiamo che lo stato delle cose sia stato molto difficile e pieno di pericoli, che ognuno abbia dovuto tutelare la propria salvezza, tuttavia non si sarebbe dovuto trascurare del tutto il dovere dell'amicizia o della parentela. Avrebbero potuto venire in mio aiuto, e non vennero, avrebbero potuto opporsi alle minacce dei nostri nemici, e non si opposero. Ma non si parli più di ciò in modo più ampio. Solo questo ricorderò: non prestare fede alle parole di coloro che promettono amicizia, nè confidare negli uomini ipocriti.