Scusa ma è meglio questa di traduzione:
Itaque illud ego, quod in causa Curiana Scaevolae dixi, non dixi secus ac sentiebam: nam "si," inquam "Scaevola, nullum erit testamentum recte factum, nisi quod tu scripseris, omnes ad te cives cum tabulis veniemus, omnium testamenta tu scribes unus. Quid igitur?" inquam "Quando ages negotium publicum? Quando amicorum? Quando tuum? Quando denique nihil ages?" Tum illud addidi "mihi enim liber esse non videtur, qui non aliquando nihil agit." In qua permaneo, Catule, sententia meque, cum huc veni, hoc ipsum nihil agere et plane cessare delectat. Nam, quod addidisti tertium, vos esse eos, qui vitam insuavem sine his studiis putaretis, id me non modo non hortatur ad disputandum, sed etiam deterret. Nam ut C. Lucilius, homo doctus et perurbanus, dicere solebat ea, quae scriberet neque se ab indoctissimis neque a doctissimis legi velle, quod alteri nihil intellegerent, alteri plus fortasse quam ipse; de quo etiam scripsit "Persium non curo legere," - hic fuit enim, ut noramus, omnium fere nostrorum hominum doctissimus - "Laelium Decumum volo," quem cognovimus virum bonum et non inlitteratum, sed nihil ad Persium; sic ego, si iam mihi disputandum sit de his nostris studiis, nolim equidem apud rusticos, sed multo minus apud vos; malo enim non intellegi orationem meam quam reprehendi.
Dunque ciò che io dissi a Scevola durante il processo di Curio, affermai precisamente come intendevo: difatti dicevo: “che altrimente, Scevola, non ci sarà alcun testamento rettamente fatto se non quello che tu avrai redatto, tutti i cittadini verremo da te con le tavolette, tu solo redigerai i testamenti di tutti. Cosa dunque? Rispondo “ Quando baderai al servizio pubblico? Quando degli amici? Quando il tuo? Quando insomma non farai nulla?” Allora aggiunsi ciò “ perché non mi sembra di essere libero chi mai una volta non fa niente”. Io rimango fermo in questa opinione, o Catulo, e quando sono venuto qui, questo stesso far niente e stare in ozio completamente mi diletta. Difatti, hai aggiunto in terzo luogo che voi siete quelli che ritenete la vita dura senza queste applicazioni, ciò non solo mi spinge a discutere, ma anche mi impedisce. Perché come soleva dire C. Lucilio uomo dotto e molto raffinato che quelle cose che scriveva non desiderava fossero letti da gente molto ignorante e molto dotta, perché gli uni non capivano niente, gli altri forse più di lui stesso; a proposito di ciò anche scrisse “ non mi curo di leggere Persio”, - questi infatti fu, come sappiamo, il più dotto quasi di tutti i nostri uomini d’ingegno – preferisco Lelio Decimo” che abbiamo conosciuto come galantuomo e non ignorante, ma non è nulla in confronto a Persio; sicché io, se anche fosse di dover discutere di questi nostri argomenti, non vorrei essere certamente tra contadini, ma molto meno presso di voi; preferisco infatti non sia capito il mio discorso quanto di essere criticato.