da _ROC_ » 7 mar 2012, 17:04
Vita.
La contestualizzazione storica. C. nasce da una famiglia agiata, potremmo dire dell'alta borghesia provinciale, conscia e fiera delle proprie prerogative di ceto: il padre apparteneva all'ordine equestre, e la madre veniva da una famiglia che aveva già dato a Roma dei senatori. Egli è dunque un "homo novus", nella politica romana, e se sarà il primo della propria famiglia ad accedere alle magistrature, ciò lo dovrà - è vero - al proprio talento, ma anche agli appoggi che, sin dall'adolescenza, troverà presso le famiglie nobili, legate alla sua in via amicale o parentale.
Ma, evidentemente, ed è bene dirlo subito, le vere ragioni del suo successo furono più profonde, e prettamente storico-politiche: esso <<fu dovuto soprattutto al fatto che, in presenza di gravissime tensioni politiche e sociali, la nobiltà individuò in lui un candidato capace di sottrarre ai populares una parte dell’elettorato, e fece pertanto confluire su di lui tutti i voti che era in grado di mobilitare>>. [E. Narducci]
Gli studi. C. compie studi di retorica e filosofia a Roma, discepolo del giurista Q. Muzio Scevola e ascoltatore assiduo di Marco Antonio e di Licinio Crasso, i due oratori più apprezzati nel senato e fra il popolo. Nella casa di Scevola, venne a contatto con l'aristocrazia intellettuale romana raccolta intorno al "circolo degli Scipioni" (Scevola era il genero di Lelio), al cui interno erano propugnati e salvaguardati i valori della "gravitas", della dignità personale, ma anche il gusto della cultura.
Queste impressioni giovanili s'imprimeranno duraturamente nell'animo di C.: verso la fine della sua vita, ogni volta che vorrà animare, in un dialogo, le sue idee più care, metterà in scena le figure di quel mondo che sarà per lui una specie di "età aurea" della repubblica, anche se di quell'età egli aveva conosciuto solo il crepuscolo. C. vedeva anche, intorno a sé, il quadro animato degli scrittori, dei poeti, dei filosofi, dei grammatici venuti dalla Grecia, che a nessuno sarebbe più venuto in mente di bandire, e di cui anzi i più nobili romani ricercavano la compagnia: il poeta Archia, i filosofi Diodoto (stoico) e Fedro (epicureo), nonché Filone di Larissa, rappresentante della "Nuova Accademia", che tanta influenza avrebbe esercitato su di lui.
L'esordio in politica e nel foro. Questi primi studi furono interrotti dalla "guerra sociale", alla quale C. partecipò nello Stato maggiore di Pompeo Strabone e poi in quello di Silla. Non appena concluso questo servizio militare, obbligatorio per chi volesse avviarsi alla carriera politica, C. cominciò a intervenire ai dibattiti nel Foro: nell'81 debutta come avvocato e un anno dopo difende Sesto Roscio, accusato di parricidio, contro importanti esponenti del regime sillano. Vinse la causa del proprio cliente ma, probabilmente su consiglio di coloro che avevano utilizzato il suo giovane ingegno, partì per l'Oriente per farsi dimenticare e rimanere in attesa che Silla abbandonasse il potere.
Tra il 79 e il 77 compie, dunque, il viaggio in Grecia e in Asia, dove studia filosofia e retorica per migliorare il proprio linguaggio. Nel 75 diventa questore in Sicilia (esempio di onestà ed oculatezza amministrativa) e nel 70 gli verrà chiesto di sostenere l'accusa di concussione dei siciliani contro l'ex governatore Verre ("Verrine"): il processo non era limitatamente giudiziario, ma aveva implicazioni politiche, dato che con la figura Verre veniva messo in discussione l'intero sistema del regime oligarchico: C. accettò, correndo il rischio di separarsi dai suoi protettori. Ortensio Ortalo, più anziano di C. e oratore rinomato per il suo talento, assunse il compito della difesa. C. portò avanti le cose in tal modo, riunì testimonianze così schiaccianti, che Verre non osò neppure perorare la sua causa e se ne andò in esilio dopo un solo giorno di dibattimento.
L'ascesa e il successo. Edile nel 69, pretore nel 66, C. è eletto in ciascuna delle consultazioni a cui gli è consentito di partecipare come candidato, con una schiacciante maggioranza di voti. Per lui, sono ora schierate non tanto le famiglie nobili ma, oltre al popolo, che è sensibile alla sua parola, le famiglie degli equiti, l'ordine equestre del quale, come sappiamo, è egli stesso originario. Nel periodo in cui è pretore, C. pronuncia un discorso importante, il "Pro lege Manilia", a favore del progetto di conferire a Pompeo poteri straordinari in Oriente, dove la guerra contro Mitridate si prolunga da tempo. Gli aristocratici erano ostili a questa legge, per timore di queste insolite procedure. Ma l'assemblea popolare seguì il parere di C., e la legge fu approvata.
Nel 63 diviene finalmente console, e nel periodo della sua carica si schiera con fermezza contro un altro progetto che ledeva gli interessi dell'aristocrazia, una legge agraria appoggiata sottobanco da Cesare. Le quattro orazioni sulla legge agraria (De lege agraria), di cui possediamo solo una parte, sbarrarono la strada a questa mozione.
Lo stesso anno C. ebbe la responsabilità di difendere l'ordine contro una pericolosa congiura ordita da L. Sergio Catilina ("Catilinarie") con l'aiuto di alcuni altri nobili che speravano di ripetere, a proprio vantaggio, l'avventura di Silla: fu necessaria tutta l'energia del console (il suo collega era sospetto di simpatie a favore dei congiurati), per evitare che Roma fosse incendiata e le maggiori autorità dello Stato assassinate. C. ebbe dunque la meglio e, sostenuto da un senatoconsulto, fece giustiziare i congiurati che era stato possibile arrestare. Gli altri, compreso Catilina, perirono sul campo di battaglia ai primi dell'anno successivo. In quel momento, C. poteva dire di aver realizzato intorno a sé l'unione di tutte le "persone oneste", gli "optimates", ma il trionfo non ebbe lunga durata.