La vera amicizia

Messaggioda brunella » 19 mar 2012, 21:04

Vi invio la versione intitolata :" La vera amicizia"


C'è gente che racconta al primo venuto fatti che si dovrebbero confidare solo agli amici e scarica nelle orecchie di uno qualunque i propri tormenti. Altri, invece, temono persino che le persone più care vengano a sapere le cose e nascondono sempre più dentro ogni segreto, per non confidarlo, se potessero, neppure a se stessi. Sono due comportamenti da evitare perché è un errore sia credere a tutti, sia non credere a nessuno, ma direi che il primo è un difetto più onesto, il secondo più sicuro. Allo stesso modo meritano di essere biasimati sia gli eterni irrequieti, sia gli eterni flemmatici. Non è operosità godere dello scompiglio, ma lo smaniare di una mente esagitata, come non è quiete giudicare fastidiosa ogni attività, bensì fiacchezza e indolenza. Ricordala bene, perciò questa frase che ho letto in Pomponio: "C'è chi si tiene così ben nascosto che gli sembra tempesta tutto ciò che succede sotto il sole." Bisogna saper conciliare queste due opposte tendenze: chi è flemmatico deve agire e deve calmarsi chi è sempre in attività. Consigliati con la natura: ti dirà che ha creato il giorno e la notte. Stammi bene.

brunella

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Messaggioda giada » 20 mar 2012, 9:36

per favore metti autore inizio e fine in latino e libro da cui l'hai presa

altrimenti non posso darti il credito

giada

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Messaggioda *Yole* » 20 mar 2012, 14:21

libro littera litterae

intitolata anche L'IMPORTANZA DELL'AMICIZIA


Quidam quae tantum amicis committenda sunt obviis narrant, et in quaslibet aures quidquid illos urit exonerant; quidam rursus etiam carissimorum conscientiam reformidant et, si possent, ne sibi quidem credituri interius premunt omne secretum. Neutrum faciendum est; utrumque enim vitium est, et omnibus credere et nulli, sed alterum honestius dixerim vitium, alterum tutius. Sic utrosque reprehendas, et eos qui semper inquieti sunt, et eos qui semper quiescunt. Nam illa tumultu gaudens non est industria sed exagitatae mentis concursatio, et haec non est quies quae motum omnem molestiam iudicat, sed dissolutio et languor. Itaque hoc quod apud Pomponium legi animo mandabitur: 'quidam adeo in latebras refugerunt ut putent in turbido esse quidquid in luce est'. Inter se ista miscenda sunt: et quiescenti agendum et agenti quiescendum est. Cum rerum natura delibera: illa dicet tibi et diem fecisse se et noctem.

*Yole*

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