da salvatore pescio » 12 apr 2012, 16:15
Quali siano i limiti da rispettare nella retorica
Nemo autem a me exigat id praeceptorum genus quod est a plerisque scriptoribus artium traditum, ut quasi quasdam leges inmutabili necessitate constrictas studiosis dicendi feram: utique prohoemium et id quale, proxima huic narratio, quae lex deinde narrandi, propositio post hanc uel, ut quibusdam placuit, excursio, tum certus ordo quaestionum, ceteraque quae, uelut si aliter facere fas non sit, quidam tamquam iussi secuntur. Erat enim rhetorice res prorsus facilis ac parua si uno et breui praescripto contineretur: sed mutantur pleraque causis temporibus occasione necessitate. Atque ideo res in oratore praecipua consilium est, quia uarie et ad rerum momenta conuertitur.
Nessuno pretenda da me quel genere di precetti che è stato trasmesso dalla maggior parte dei divulgatori di discipline, quasi che io debba fornire a chi studia l'eloquenza, una serie di norme vincolate a inamovibile stabilità: per esempio l'esordio e la sua forma e, successiva a questa, la narrazione e le sue leggi e, ancora, a seguire, la proposizione, o come alcuni hanno preferito definirla, digressione, per arrivare poi ad un determinato ordine di questioni e ad altri elementi che seguono, quasi fossero obbligati, come se non fosse lecito fare altrimenti. In verità la retorica sarebbe stata una cosa semplice e di scarsa importanza, se si potesse delimitare con una sola breve serie di norme: la maggior parte delle realtà però si trasformano a seconda delle cause, dei momenti, delle circostanze, delle necessità. Ed è per questo che la caratteristica principale in un oratore deve essere l'accortezza, perché si adatta in modo elastico e asseconda le variazioni di situazione
Quintiliano