da salvatore pescio » 13 apr 2012, 16:14
Pater nos duos fratres reliquit, tertium Iugurtham beneficiis suis ratus est coniunctum nobis fore. Alter eorum necatus est, alterius ipse ego manus inpias vix effugi. Quid agam? Aut quo potissumum infelix adcedam? Generis praesidia omnia extincta sunt. Pater, uti necesse erat, naturae concessit. Fratri, quem minume decuit, propinquos per scelus vitam eripuit. Adfinis amicos propinquos ceteros meos alium alia clades oppressit: capti ab Iugurtha pars in crucem acti, pars bestiis obiecti sunt, pauci, quibus relicta est anima, clausi in tenebris cum maerore et luctu morte graviorem vitam exigunt. Si omnia, quae aut amis aut ex necessariis advorsa facta sunt, incolumia manerent, tamen, si quid ex inproviso mali adcidisset, vos inplorarem, patres conscripti, quibus pro magnitudine imperi ius et iniurias omnis curae esse decet. Nunc vero exul patria domo, solus atque omnium honestarum rerum egens quo adcedam aut quos apellem? Nationesne an reges, qui omnes familiae nostrae ob vestram amicitiam infesti sunt? An quoquam mihi adire licet, ubi non maiorum meorum hostilia monumenta pluruma sint? Aut quisquam nostri misereri potest, qui aliquando vobis hostis fuit?
SALLUSTIO
LIBRO: ESPERIENZE DI TRADUZIONE
Mio padre lasciò noi due fratelli: il terzo, Giugurta, pensò che sarebbe stato legato a noi (come un fratello) per i benefici da lui ricevuti. Uno di loro fu ucciso ed io sono a stento scampato dalle empie mani dell'altro. Che farò? A chi, io misero, in particolare, mi rivolgerò? Non esiste più nessuna protezione famigliare. Mio padre, come era naturale, è morto. A mio fratello, proprio quello che meno avrebbe dovuto farlo, un parente strappò col delitto la vita. I parenti, gli amici, gli altri miei congiunti li soppresse, chi in un modo chi in un altro: presi da Giugurta, furono in parte crocifissi, in parte gettati alle belve. Quei pochi che sono stati lasciati in vita, rinchiusi al buio, passano una vita più dura della morte nel dolore e nel lutto. Se io avessi ancora tutte quelle cose che ho perduto o che da amiche mi sono divenute nemiche, se nondimeno mi capitasse qualcosa di male, verrei ad implorare voi, o senatori, a cui si addice, per la maestà dell'impero, tutelare il diritto e vendicare le offese. Ma ora io, esule dalla patria e da casa, solo e privato di ogni onore, dove andrò o a chi mi appellerò? Alle genti o ai re, che sono tutti ostili alla nostra famiglia a causa della vostra amicizia per noi? Mi è forse consentito andare in qualche luogo in cui non siano numerosissimi i ricordi di guerra dei miei antenati? O potrà avere compassione di me qualcuno che un tempo sia stato nemico?