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comunque:
Antigono attacca gli Spartani, che, unici, non avevano tenuto in considerazione l'impero dei Macedoni. Tra queste due valorosissime popolazioni vi fu una guerra con massimo spiegamento di forze da entrambe le parti, perché questi combattevano per l'antica gloria dei Macedoni, quelli non solo per la libertà, ma anche per la salvezza. Sconfitti gli Spartani, non solo i soldati, ma anche le mogli e i figli sopportarono con animo coraggioso la loro sorte. Nessuno, sul campo di battaglia, risparmiò la sua vita; nessuna moglie piane il marito perduto; gli anziani vantavano la morte dei figli, tutti si dolevano a vicenda della propria (morte) perché non erano morti essi stessi per la libertà della patria. Tutti, aperte le (porte delle) case accoglievano i feriti, curavano le ferite, risollevavano quelli che erano spossati. In mezzo a questi accadimenti non (vi era) in città alcun tumulto, alcun timore; tutti piangevano la sciagura pubblica piuttosto che quella privata. Nel frattempo il re Cleomene giunse dopo grandi massacri di nemici e, dopo essere entrato in città, non giacque a terra, non chiese cibo o bevanda, non depose, infine, il peso delle armi, ma, appoggiato ad un muro, avendo constatato che erano sopravvissuti alla battaglia solo quattromila dei suoi soldati, li esortò a preservarsi per tempi migliori per lo stato.