da giadadancer » 28 mag 2012, 11:29
PROPERZIO ELEGIA XII DEL II LIBRO
Perché non cessi di rinfacciarmi a torto la mia pigrizia, dicendo che mi lascio trattenere a Roma, testimone dei miei amori? Cinzia è lontana dal mio letto tante miglia quante dista l’Ipani dal Veneto Eridano, e non alimenta con i suoi abbracci il mio consueto amore, né dolce risuona nelle mie orecchie la sua voce. Un tempo le era gradito; in quel tempo a nessuno toccò di poter essere amato con più fedeltà. Fummo oggetto di invidia. Non mi rovinò dunque un dio? O forse mi separò da lei un’erba raccolta sulle cime dei monti di Prometeo? Non sono più quello che ero una volta: il lungo viaggio muta le fanciulle. Quale grande amore è fuggito in breve tempo! Ora per la prima volta sono costretto a conoscere da solo le lunghe notti e ad essre molesto alle mie stesse orecchie. Felice chi può piangere in presenza della propria fanciulla: non poco gode amore delle lacrime versate. Oppure se, disprezzato, può cercare altre fiamme, vi è pure piacere nl mutare la servitù d’Amore. Ma a me non è lecito né amare un’altra né allontanarmi da questa: Cinzia fu la prima, Cinzia sarà l’ultima.