da Simosimoscuola » 13 set 2012, 8:49
TESTO LATINO:Dicunt,cum cenaret Crannone in Thessalia Simonides apud Scopam,fortunatum hominem et nobilem,cecinnissetque id carmen,quod in eum scripsisset,in quo multa ornandi causa poetarum more in Castorem scripta et Pollucem essent, nimis illum sordide Simonidi dixisse se ei dimidium eius,quod pactus esset,pro illo carmine daturum;reliquum a suis Dioscuris,quos aeque laudasset,peteret,si ei videretur.Paolo post esse ferunt nuntiam Simonidi,ut prodiret: iuvenes stare ad ianuam duos quosdam,qui eum magnopere evocarent;surrexisse illum,prodisse vidisse neminem.Hoc interim spatio conclave illud,ubi epularetur Scopas,concidisse:ea ruina ipsum Scopam cum cognatis oppressum suis interisse. Quos cum humare vellent sui neque possent obtritos internoscere ullo modo, Simonides dicitur ex eo, quod meminisset quo eorum loco quisque cubuisset, demonstrator uniuscuiusque sepeliendi fuisse; hac tum re admonitus invenisse fertur ordinem esse maxime, qui memoriae lumen adferret.
Si racconta che, cenando Simonide in Tessaglia a Crannone, presso Scopa, uomo ricco e nobile, ed avendo cantato quel carme che aveva scritto per lui, nel quale, per abbellirlo al modo dei poeti, erano state scritte molte cose (= lodi) circa Castore e Polluce, quello (= Scopa) alquanto meschinamente avesse detto che gli (= a Simonide) avrebbe dato la metà di quello che era stato pattuito per quel carme; il resto, se gli pareva, lo chiedesse ai suoi Tindaridi, che aveva elogiato nello stesso modo (cioè: con la stessa quantità di lodi, in quanto nel carme la metà dei versi era dedicato a Scopa, l’altra metà ai Dioscuri). Raccontano che poco dopo fu annunciato a Simonide di uscire: (che) alla porta stavano due certi giovani, i quali lo chiamavano con insistenza; (raccontano che) quello (= Simonide) si fosse alzato, fosse uscito e non avesse visto nessuno; che nel frattempo quella stanza, dove Scopa banchettava, crollò; in quella rovina morì lui stesso (= Scopa) schiacciato coi suoi parenti. La famiglia (lett. “i loro”) volendo inumare questi e non potendo in alcun modo riconoscere gli schiacciati (meglio: quelli che erano stati schiacciati), si dice che Simonide, per il fatto che ricordava in qual luogo ciascuno di quelli era stato seduto a tavola, identificò ciascuno di quelli che dovevano essere seppelliti (lett. “fu indicatore di ciascuno di quelli da seppellire”). Allora, ammonito da questo avvenimento, si dice che avesse scoperto che era soprattutto l’ordine ciò che porta luce alla memoria.
Da Cicerone