da Simosimoscuola » 13 set 2012, 8:51
UNA SPIACEVOLE MA COMICA INDISPOSIZIONE
Nuovo Leggere gli Autori Latini-versione 22
TESTO LATINO:
Cicero S.D. Gallo
Decimum iam diem graviter ex intestinis laborarem neque iis, qui mea opera uti volebant, me probarem non valere, quia febrim non haberem, fugi in Tusculanum, cum quidem biduum ita ieiunus fuissem, ut ne aquam quidem gustarem: itaque confectus languore et fame magis tuum officium desideravi, quam a te requiri meum. (…) Sed visa est mihi vel loci mutatio vel animi etiam relaxatio vel ipsa fortasse iam senescentis morbi remissio profuisse. Ac tamen, ne mirere, unde hoc acciderit quomodove commiserim, lex sumptuaria (…) mihi fraudi fuit. Nam, dum volunt isti lauti terra nata, quae lege excepta sunt, in honorem adducere, fungos, heluellas, herbas omnes ita condiunt, ut nihil possit esse suavius: in eas cum incidissem in coena augurali apud Lentulum, tanta me diàrroia arripuit, ut hodie primum videatur coepisse consistere. Ita ego, qui me ostreis et muraenis facile abstinebam, a beta et a malva deceptus sum; posthac igitur erimus cautiores. (…) Ego hic cogito commorari, quoad me reficiam, nam et vires et corpus amisi; sed, si morbum depulero, facile, ut spero, illa revocabo.
TRADUZIONE:
Cicerone saluta Gallo
Soffrendo già da nove giorni (lett. “nel decimo giorno”) gravemente di mal di pancia (lett. “soffrendo dagli intestini”) e non provando a coloro i quali volevano avvalersi della mia opera di non stare bene, poiché non avevo febbre, fuggii nella villa di Tuscolo, essendo rimasto dunque talmente digiuno per 2 giorni da non assaggiare nemmeno dell’acqua. Consumato così dalla debolezza e dalla fame, ho desiderato il tuo aiuto più di quanto da te (sott. Ritengo che) sia richiesto il mio. Ma sembrarono giovarmi o il cambiamento del luogo, o il riposo della mente o forse lo stesso indebolimento della malattia ormai al termine. E tuttavia perché tu non ti domani (= non ti resti la curiosità di sapere) da dove ciò mi sia accaduto o in che modo io vi sia incorso, la Legge Suntuaria mi danneggiò (lett. “mi fu di danno”). Infatti, finché questi ricchi vogliono portare in onore i frutti nati nella terra, che sono stati stabiliti secondo (questa) legge, preparano in modo tanto gustoso funghi, erbette e tutte le erbe, che niente può essere più piacevole. Essendomi imbattuto in quelle (= erbe) durante una cena augurale presso Lentulo, mi prese una dissenteria tanto forte che oggi per la prima volta mi sembra che inizi ad arrestarsi. E dunque io, che facilmente evitavo ostriche e murene, sono stato sorpreso dalla bietola e dalla malva. D’ora in poi dunque saremo molto più cauti. Io penso di trattenermi qui finché non mi ristabilirò. Infatti ho preso le forze ed il peso. Ma se scaccerò la malattia, facilmente, come spero, le richiamerò.
Da Cicerone