da Ozty » 4 ott 2012, 14:57
Tota philosophorum vita commentatio mortis est. Nam quid aliud agimus, cum a voluptate, id est a corpore, cum a re familiari, quae est ministra et famula corporis, cum a re publica, cum a negotio omni revocamus animum, quid, inquam, tum agimus, nisi animum ad se ipsum advocamus, secum esse cogimus maximeque a corpore abducimus? Secernere autem a corpore animum ecquidnam aliud est nisi mori discere? Qua re hoc commentemur, mihi crede, disiungamusque nos a corporis, id est consuescamus mori. Hoc, et dum erimus in terris, erit illi caelesti vitae simile, et cum illuc, ex his vinculis emissi, feremur, minus tardabitur cursus animorum. Nam qui in compedibus corporis semper fuerunt, etiam cum soluti sunt, tardius ingrediuntur, ut qui ferro vincti multos annos fuerunt. Quo quidem cum venerimus, tum denique vivemus; nam haec quidem vita mors est.
Traduzione:
Tutta la vita dei filosofi è una meditazione sulla morte. Infatti che cos'altro facciamo quando distogliamo l'animo dal piacere, cioè dal corpo, dalle questioni familiari, che sono ministre e schiave del corpo, dallo stato, da ogni affare, che cosa facciamo allora, dico, se non richiamare l'animo a sè, costringerlo a stare con sè stesso e soprattutto allontanarlo dal corpo? Dunque separare l'animo dal corpo cos'altro è mai se non imparare a morire? Perciò, credimi, meditiamo su questo e distacchiamoci dai corpi, cioè abituiamoci a morire. Questo, mentre saremo sulla terra, sarà simile alla vita celeste, e quando saremo portati lassù, sciolti da questi vincoli, il viaggo dell'animo verrà ritardato meno. Infatti coloro che sempre furono nelle catene del corpo, anche quando vengono sciolti avanzano più lentamente come color che furono imprigionati dal ferro per molti anni. E quando giungeremo in quel luogo allora finalmente vivremo; infatti questa vita terrena in verità è morte.